ALLENDE E LA VIA AL SOCIALISMO DEMOCRATICO IN CILE
Renzo Paternoster -
Dal 1970, e per mille giorni, il presidente Salvador Allende cerca di far imboccare al Cile la “via del socialismo democratico”. L’affascinante esperimento ha un tragico epilogo, non solo per opera dei “poteri forti” internazionali, ma anche per gli errori del governo, per i contrasti e le contraddizioni dei partiti che formano la coalizione politica di Allende, per le resistenze di una società liberal-borghese.
«Compagni in ascolto: La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell’anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell’apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò La Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perché è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo».
Così il presidente Salvador Allende, alle 8.45 dell’11 settembre 1973, si rivolge al popolo cileno nel corso di un sanguinoso colpo di Stato. Alle due del pomeriggio dello stesso giorno tutto è finito: l’esperimento cileno del socialismo democratico termina nel sangue e il Cile passa nelle mani di un generale golpista. Salvador Allende, il presidente socialista democraticamente eletto, giace morto nel suo studio del Palacio de La Moneda a Santiago. Il suo cadavere è anche quello della democrazia cilena, latitante per i quindici anni a venire per volere del dittatore Augusto Pinochet.
Salvador Guillermo Allende Gossens nasce a Valparaíso il 26 giugno 1908 da una famiglia benestante. Laureatosi in medicina all’Universidad de Chile, diventa medico per vocazione professionale. Impegnato in politica, diventa segretario del Partito socialista nel 1943. Nel 1938 è eletto deputato del Parlamento e nel 1942 riceve l’incarico di ministro della Sanità. Nel 1945 diventa senatore e poi presidente del Senato. È candidato alla presidenza del Cile senza successo nel 1952, 1958 e 1964. Nelle elezioni presidenziali del 1970 si presenta come leader-candidato della coalizione Unidad Popular, alleanza di centro-sinistra formata dal Partido Socialista, Partido Comunista, Partido Radical, Movimiento de Acción Popular, Partido de Izquierda Radical e l’Acción Popular Independiente. La sua candidatura è appoggiata anche dalla Federazione dei Sindacati Nazionali (Federacion Nacional de Sindicatos), dalla confederazione sindacale CUT (Central Única de Trabajadores), dagli studenti e operai cileni, dalla borghesia progressista, dal mondo intellettuale (tra cui il poeta Pablo Neruda) e da molti artisti (tra cui gli Inti-Illimani, che popolarizzano “Venceremos”, l’inno della coalizione Unidad Popular). Nella competizione Allende, pur essendo il maggior suffragato, non riesce a ottenere la maggioranza assoluta, raggiungendo solo il 36% dei voti con 1.070.334 preferenze. Per cui, in base alla Costituzione cilena, il Congresso assume il compito di nominare il presidente tra quest’ultimo e Jorge Alessandri, il leader della Destra arrivato secondo nella competizione elettorale.
L’establishment politico statunitense aveva già posto il veto su Allende, ma in vista della decisione del Parlamento cileno i consiglieri di Nixon tentano di impedirne l’elezione con un massiccio finanziamento ai partiti politici avversari. Gli USA non possono permettersi un presidente comunista nel “cortile” di casa, per di più se eletto democraticamente dal popolo.
A spianare la strada presidenziale ad Allende è un evento tragico: il 22 ottobre, poco prima del voto del Congresso, il generale René Schneider Chereau, comandante in capo dell’esercito cileno di tendenze progressiste, è vittima di un tentato sequestro da parte di uomini legati al generale Roberto Viaux, ufficiale vicino al candidato Alessandri. L’azione terroristica non riesce, ma il generale Schneider è ferito e muore tre giorni dopo in ospedale. L’evento si rivela un vero e proprio boomerang contro il concorrente conservatore: a seguito dell’indignazione nazionale, il 25 ottobre la Democracia Cristiana di Radomiro Tomic Romero decide di appoggiare Allende, previa sottoscrizione di quest’ultimo di uno “Statuto delle garanzie democratiche”, un documento che impegna Allende al rispetto del pluralismo politico e delle garanzie costituzionali, in pratica a non trasformare lo Stato in un regime comunista [Cfr. O. Agnic, Allende, el hombre y el político. Memorias de un secretario privado, RIL Editores, Santiago de Chile 2007, p. 193]. Il 3 novembre Allende diventa Presidente del Cile, insediandosi nel palazzo de La Moneda a Santiago.
Eletto presidente, Allende dichiara la sua intenzione di promuovere la cosiddetta “via cilena al socialismo democratico”, un tentativo visionario e allo stesso tempo incerto di riformare lo Stato cileno attraverso mutamenti radicali nel campo sociale, economico e di politica internazionale. I primi interventi del governo sono volti alla ridistribuzione della ricchezza nazionale e a migliorare le condizioni dei ceti meno abbienti (ad esempio con la distribuzione di mezzo litro di latte al giorno a ogni bambino di età inferiore ai quattordici anni) e dei lavoratori (ad esempio con l’aumento dei salari e con l’attribuzione di un miglior ruolo dei lavoratori nelle imprese pubbliche o a partecipazione pubblica). Seguono così l’avvio della nazionalizzazione delle banche, il rinnovo del sistema sanitario e dell’istruzione. Con la riforma agraria iniziano i procedimenti di espropriazione miranti alla sparizione del latifondo, assieme alla creazione di una tassa sulle plusvalenze. Poi arriva il programma di recupero delle ricchezze fondamentali che sono in mano al capitale straniero, attraverso la nazionalizzazione delle principali industrie private, fra cui le produttive miniere di rame fino ad allora sotto il controllo delle aziende nordamericane Kennecott e Anaconda. Contemporaneamente Allende sospende il pagamento del debito estero e dei crediti da versare ai potentati economici stranieri. Nonostante Allende cerchi di realizzare il progetto della via cilena al socialismo democratico nel pieno rispetto della Costituzione, si mette contro, oltre le grandi multinazionali straniere (tra cui le già citate Anaconda e Kennecott, ma anche la Ford, la Bank of America e così via), anche quella parte di società cilena che da troppi anni è abituata a godere di favoritismi e privilegi, in primis i grandi latifondisti.
Le “cattive” frequentazioni di Allende sul fronte internazionale preoccupano non poco gli USA e tutta la parte conservatrice del Cile. Allende, infatti, a seguito di una visita ufficiale del presidente cubano Fidel Castro nel 1971, stringe rapporti diplomatici con Cuba. Questo, nonostante l’adesione del Cile alla “Organizzazione degli Stati Americani”, che aveva stabilito che nessun Stato aderente avrebbe concesso aperture verso Cuba. Allende ha anche stretti contatti con il presidente argentino Héctor José Cámpora, peronista di Sinistra. Secondo l’archivio Mitrokhin Allende mantiene contatti anche con l’URSS, attraverso il funzionario del KBG Svyatoslav Kuznetsov, ricevendo finanziamenti. Il timore che la “via cilena al socialismo” porti a una dittatura comunista, o peggio a uno Stato socialista modello, agita il sonno del presidente statunitense. Ecco allora l’amministrazione Nixon attivarsi attraverso molti canali, illegali (finanziamento degli oppositori politici e del sindacato dei camionisti) e legali (embargo economico contro il Cile e blocco dei crediti da parte della Export Import Bank). Il blocco dei crediti da parte statunitense provoca una sospensione a catena dei crediti da parte di quasi tutte le grandi banche pubbliche e private, non solo quelle americane. Ad esempio il Banco Interamericano di Sviluppo nega aiuti al Cile, rigettando le richieste di finanziamento di qualsiasi progetto industriale di sviluppo, e concede soltanto piccoli prestiti. [L. Corvalán, El gobierno de Salvador Allende, cit., p. 204].
Nonostante il boicottaggio internazionale e la forte contrapposizione, fra la fine del 1970 e il 1971 le scelte riformiste di Allende e del suo ministro dell’economia, Pedro Vuskovic, sono eccellenti, con effetti più che positivi: la crescita industriale sale al 12%, il PIL al 8,6%, seguito da un declino dell’inflazione (che passa dal 34.9% al 22.1%) e del tasso di disoccupazione (che scende al 3,8%). Anche la mortalità infantile diminuisce, mentre aumenta la scolarizzazione [Cfr. J.R. Adams, Liberators, Patriots and Leaders of Latin America, McFarland, Jefferson 2010, pp. 216-217]. Tuttavia i miglioramenti nella sfera economico-sociale entrano quasi subito in contrasto con le variabili finanziare: l’aumento della spesa pubblica, dal 26% del 1970 al 31,1% dell’inizio 1972, l’enorme declino dell’esportazioni causate dal boicottaggio statunitense e il vertiginoso aumento delle importazioni, specialmente delle derrate alimentari, determinano un collasso dello Stato. La morsa interna dell’opposizione e quella esterna del boicottaggio degli Stati Uniti e del taglio degli aiuti e dei prestiti internazionali portano a una iper-inflazione del 163% [L. Corvalán, El gobierno de Salvador Allende, LOM, Santiago 2003, p. 175].
A ottobre, i ventiquattro giorni di paro (lo sciopero) dei camionisti, a cui si aggiungono i lavoratori dell’industria del rame e i piccoli commercianti, sono il colpo finale al socialismo di Allende. Nel novembre del 1972, per risolvere la crisi, Allende apre il suo governo alla presenza dei militari, assegnando al generale Carlos Prats il ruolo di ministro degli interni e capo di stato maggiore dell’Ejército de Chile. A dicembre il presidente cileno si reca a New York, dove denuncia in un discorso alle Nazioni Unite l’aggressione delle multinazionali contro il suo governo.
L’anno 1973 si apre con un pessimo andamento dell’economia dovuto all’altissimo tasso di inflazione e alla mancanza di materie prime, che fanno piombare il Paese nel caos totale. Gli scioperi divengono prassi per contestare il governo. Nell’aria si respira “puzza di golpe”. Infatti, un primo tentativo è realizzato il 29 giugno, quando il colonnello Roberto Souper circonda con il suo reggimento il palazzo presidenziale de La Moneda con l’intento di deporre il governo di Allende. Questo tentativo di golpe, passato alla storia come Tanquetazo o golpe dei carri armati, è organizzato dal gruppo paramilitare Patria y Libertad, ma fallisce per il tempestivo intervento del generale Carlos Prats che ordina all’esercito di bloccare i golpisti. Proprio il generale Prats, a seguito di contrasti interni all’esercito, nell’agosto è sostituto da Augusto Pinochet.
La sostituzione di Prats nasce da un pretesto. Due giorni prima del tentato golpe, intorno alle ore 15, il generale Prats si trova nella sua auto ufficiale, quando una Renault rossa si affianca e da dentro due persone cominciano a insultarlo. Il generale intima ai passeggeri di scendere dall’auto, ma entrambi rifiutano. Allora Prats spara con la sua pistola d’ordinanza sul parafango anteriore della macchina, costringendo l’autista a scendere. Una volta sceso, Prats scopre che alla guida della Renault rossa c’è una donna, un’aristocratica di nome Alejandrina Cox, scambiata per un uomo dal generale per via dei suoi capelli corti. L’incidente mette in ridicolo il generale, che è accusato dall’opposizione di codardia, per aver sparato a una donna disarmata, e di non essere adatto ai suoi incarichi, per aver reagito d’impeto e in maniera sproporzionata. Il 22 agosto le mogli degli ufficiali inscenano una marcia di protesta verso l’abitazione di Prats chiedendone le dimissioni. Il giorno successivo, Prats lascia l’incarico e al suo posto è nominato il generale Augusto Pinochet.
Nell’agosto 1973 si verifica una crisi costituzionale: la Corte Suprema lamenta pubblicamente l’incapacità del governo di Allende di applicare la legge, la Camera dei deputati lo accusa di atti incostituzionali e di inadeguatezza nel risolvere la crisi che attanaglia il Paese. Anche la crisi interna a Unitad Popular porta a una vera esasperazione dell’atmosfera nella maggioranza di governo. La Destra cilena coglie la palla al balzo per sottolineare pubblicamente l’incapacità del governo di Allende a governare democraticamente. Da più parti si teme una deriva autorità del governo. Tuttavia, Allende, fedele alla Costituzione e ai principi democratici, il 10 settembre convoca una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri e comunica che avrebbe indetto un referendum sulla politica del suo governo. Allende, con la sua decisione di indire una consultazione diretta del popolo cileno fa capire che avrebbe lasciato il potere solo per via democratica, così come era salito alla presidenza.
Alle prime luci dell’alba del giorno dopo la Marina militare da Valparaiso dà il via a un golpe. A mezzogiorno il palazzo presidenziale è circondato dai blindati dell’esercito e bombardato dall’aviazione. Il fedele generale Augusto José Ramón Pinochet Ugarte guida assieme ad altri ufficiali un golpe militare, dimostrandosi un traditore nei confronti del suo Presidente e dei principi democratici che hanno guidato, seppur con errori, Allende nella presidenza del Cile. Nelle ore concitate del golpe, Allende rifiuta la proposta di salvacondotto offerta dai militari e si rifugia con i suoi fedelissimi all’interno de La Moneda. Da qui informa con dei radiomessaggi il popolo cileno che avrebbe difeso la democrazia sino al martirio. Nel suo ultimo messaggio Allende ringrazia il popolo cileno per la fiducia accordatagli, infondendo speranza.
«Pagherò con la mia vita la difesa dei principi che sono cari a questa patria. Cadrà la vergogna su coloro che hanno disatteso i propri impegni, venendo meno alla propria parola, rotto la disciplina delle Forze Armate. […]. Compatrioti: è possibile che facciano tacere la radio, e mi accomiato da voi. In questo momento stanno passando gli aerei. È possibile che sparino su di noi. Ma sappiate che siamo qui, per lo meno con questo esempio, per mostrare che in questo Paese ci sono uomini che compiono la loro funzione fino in fondo. Io lo farò per mandato del popolo e con la volontà cosciente di un presidente consapevole della dignità dell’incarico. Forse questa sarà l’ultima opportunità che avrò per rivolgermi a voi. […] Le mie parole non sono amare ma deluse; esse saranno il castigo morale per quelli che hanno tradito il giuramento che fecero. […]. Di fronte a questi eventi posso solo dire ai lavoratori: io non rinuncerò. Collocato in un passaggio storico pagherò con la mia vita la lealtà del popolo. E vi dico che ho la certezza che il seme che consegnammo alla coscienza degna di migliaia e migliaia di cileni non potrà essere distrutto definitivamente. Hanno la forza, potranno asservirci, ma non si arrestano i processi sociali, né con il crimine, né con la forza.
[…] Lavoratori della mia Patria, voglio ringraziarvi per la lealtà che sempre avete avuto, la fiducia che avete riposto in un uomo che è stato soltanto interprete di grande desiderio di giustizia, che giurò che avrebbe rispettato la Costituzione e la Legge, così come in realtà ha fatto. In questo momento finale, l’ultimo nel quale io possa rivolgermi a voi, spero che sia chiara la lezione. Il capitale straniero, l’imperialismo, insieme alla reazione ha creato il clima perché le Forze Armate rompessero la loro tradizione […]. Mi rivolgo, soprattutto, alla semplice donna della nostra terra: alla contadina che ha creduto in noi; all’operaia che ha lavorato di più, alla madre che ha sempre curato i propri figli. Mi rivolgo ai professionisti della patria, ai professionisti patrioti, a coloro che da giorni stanno lavorando contro la rivolta auspicata dagli ordini professionali, ordini di classe che solo vogliono difendere i vantaggi di una società capitalista. Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che hanno cantato la loro allegria ed il loro spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro Paese il fascismo è già presente da tempo negli attentati terroristici […]. Sicuramente radio Magallanes sarà fatta tacere ed il suono tranquillo della mia voce non vi giungerà. Non importa, continuerete ad ascoltarmi. Sarò sempre vicino a voi, per lo meno il ricordo che avrete di me sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria. […] Lavoratori della mia patria: ho fiducia nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno il momento grigio ed amaro in cui il tradimento vuole imporsi. Andate avanti sapendo che, molto presto, si apriranno grandi viali attraverso cui passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile, viva il popolo, viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole, ho la certezza che il sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una punizione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento».
Alle 14 tutto si conclude, i militari espugnano il palazzo presidenziale. Allende è trovato cadavere all’interno de La Moneda. I golpisti annunciano che il presidente si è suicidato con un fucile automatico, lo stesso donato da Fidel Castro. Nessuna autopsia forense è fatta per stabilire le reali cause della morte. Non volendo creare il mito del Presidente-martire, i golpisti inventano la farsa del suicidio, legando la morte di Allende al regalo che Castro aveva fatto pochi mesi prima. Due giorni dopo, la giunta militare scioglie il Congresso, dichiara fuorilegge tutti i partiti dell’Unidad Popular e nomina Augusto Pinochet nuovo presidente del Cile. Per i cileni inizia una lunga stagione di terrore di Stato.
Per saperne di più
AA. VV., Cile 1970-1973. Industria, agricoltura, quartieri, scuola, organismi di zona, sindacati, partiti, esercito, sotto il governo di Unidad popular, Dedalo, Bari 1976.
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