Cattedra: Una Chiesa bimillenaria e una palma nel cuore di Milano
di Paolo M. Di Stefano -
C’è chi sostiene che le date ed i nomi – di persone e di luoghi – e i fatti nudi e crudi siano l’essenza della storia. Addirittura, che questa nelle date e nei nomi e nei fatti si esaurisca. Se così fosse, l’interpretazione e la storiografia non ne farebbero parte. Invece, la Storia è forse il mondo deputato alla interpretazione, alla lettura in cerca del significato più segreto degli eventi. Anche per trarne quegli insegnamenti che la storia in genere non riesce a dare perché rivolti a sordi ed incolti. Noi. Oggi, soprattutto, in piena crisi di cultura e di civiltà.
Resta comunque che dalle date e dai nomi non si possa prescindere.
Allora, eccone alcune.
- appena dopo il 31 a. C. (anno della vittoria di Azio) Cesare Ottaviano (Roma, 63 a. C. – Nola, 19 agosto 14 d. C.) si attribuì tutte le magistrature di Roma, e quindi in pratica il potere assoluto;
- un nuovo piano regolatore di Mediolanum sembra risalire tra fine del primo secolo a. C. e inizio del primo secolo d. C;
- circa nel 970 dopo Cristo, ad Intimiano nasce Ariberto, che fu scelto come Arcivescovo di Milano e ordinato il 28 marzo 1018. La sua gestione della città e della diocesi coincide con il massimo del potere vescovile a Milano. Morì il 16 gennaio 1045, e la sua tomba si trova in Duomo, a Milano, nella prima campata della navata esterna destra;
- Anselmo IV da Bovisio fu arcivescovo di Milano dal 3 novembre 1097 fino al 30 settembre 1101, data della morte a Costantinopoli. Nulla si sa circa la data di nascita. Nel 1099 guidò il contingente milanese alla prima crociata e il 15 luglio del 1100 riconsacrò la Chiesa della Santissima Trinità, dedicandola al Santo Sepolcro;
- la Chiesa oggi nota come San Sepolcro fu costruita nel 1030 sull’antico foro romano, e consacrata da Ariberto alla Santissima Trinità;
- Federico Borromeo (1564-1631) tra il 1585 e il 1601 concepisce l’idea di una “istituzione culturale di alto livello artistico, letterario e scientifico per un servizio universale a gloria di Dio e per la promozione integrale dei valori umanistici”;
- 8 dicembre 1609 si apre al pubblico la Biblioteca Ambrosiana;
- nel 1618 Federico Borromeo fonda la Pinacoteca, nata per assicurare una formazione culturale gratuita a chiunque avesse qualità artistiche o intellettuali;
- 11 marzo 2016, la cripta della chiesa di San Sepolcro è restituita alla città di Milano, dopo cinquanta anni di oblio quasi assoluto e duemila anni di partecipazione alla sua storia economica e religiosa.
È un giorno della “nostra” storia, quella stessa che chiamiamo vita.
11 marzo 2016: a Milano la primavera si è presentata in tutto il suo splendore, anche vestendosi di quel giallo luminosissimo che la forsizia sparge generosamente, come a fare concorrenza al sole, e con il quale permea gli altri fiori regalati in occasione della nuova nascita.
Con un’attenzione particolare ai giardini Perego, che hanno visto fiorire Alessandra, l’architetto impegnato nel progetto Creatività del massimo Cantiere di produzione delle idee, e che ogni anno, quando la Pasqua genera la primavera, torna nella sua città in un rito d’amore infinito, esaltato dal saluto di speranza che la giovane immancabilmente deve dare il lunedì dell’Angelo, quando il Cantiere ne pretende il ritorno.
Tutto quanto la nuova stagione tradizionalmente indossa – fiori e colori e azzurro unico del cielo e respiro delle montagne e profumo lontano della neve, e auguri e regali – ha vestito anche la città: un regalo unico, stupefacente, quasi a ricordare che Milano precorre gli eventi, traccia il cammino, disegna il futuro. E custodisce le sue radici, le conserva in luogo sicuro e le mantiene intatte, solo un poco più mature perché sa che tornerà un nuovo tempo per il germoglio e la fioritura. Una nuova primavera, che riporterà alla vita anche quei valori che sembrano oggi dimenticati, distanti, estranei. Non nella forma, ma certamente nei significati più veri. La vittoria, l’ascesa, la rinascita, l’immortalità sono tra questi, oggi ridotti a banalissimi simboli dell’egoismo, della conquista del potere individuale, della vendetta, della affermazione di sé qui ed ora, come spogliati dei significati più veri e dunque dell’anima stessa dell’essere umani.
Ecco, allora, che Milano ripropone all’attenzione di tutti noi quella palma da sempre simbolo di rinascita, quella palma di cui al salmo 91-13,15: “Il giusto fiorirà come palma – crescerà come il cedro del Libano. – Piantati nella casa del Signore – negli atri della casa del nostro Dio fioriranno. – Fruttificheranno ancora nella vecchiaia, – vigorosi e verdeggianti saranno (…)”.
Sì, Milano e la palma, simbolo di vittoria, di ascesa, di rinascita, di immortalità, capace anche di germogliare quando sembra ormai morta: una palma silente nella cripta di San Sepolcro, risorta dopo cinquanta anni di oblio per volontà silenziosa quanto tenace di Franco Buzzi, il Prefetto che è riuscito a ricostruire il legame secolare –che sembrava perduto- della Accademia e della Biblioteca Ambrosiana con la storia millenaria della città.
Ho chiesto ad Alessandra – da sempre mio spirito guida – di accompagnarmi alla scoperta di quella chiesa sotterranea, al centro del cuore della città. Ha accettato, forse per godere del mio stupore all’incontro con la palma in rame che, pur risalente soltanto al 1600, costituisce a mio parere l’elemento di maggiore sorpresa nella visita ad una cripta che ha visto il costruirsi della storia dal 1000 ad oggi, che poggia su una storia che risale agli inizi della età augustea e dunque con almeno altri mille anni di “anzianità”, e all’interno della quale tutto è possibile attenderci, meno, probabilmente, proprio una palma. E, forse, anche per aiutarmi a capire.
Intanto, l’Ambrosiana, figlia un tempo e madre oggi di San Sepolcro. Piazza Pio XI esattamente là dove è tutt’ora l’incrocio tra il cardo maximus – che collegava tradizionalmente le porte praetoria e decumana, e il decumanus maximus, che andava ad angolo retto a collegare le porte dextra e sinistra – e dove era il praetorium.
La piazza accoglie oggi una scultura – discussa e forse realmente discutibile – di Daniel Libeskind il cui intento è evocare plasticamente il pensiero “totale” di Leonardo da Vinci, le cui opere sono presenti in Ambrosiana più che in qualsiasi altro museo del mondo.
A mio parere “fisicamente” inadeguata, all’opera si può guardare come ad una presa di coscienza della distanza che passa tra il pensiero del genio e quello di ciascuno di noi, molto più limitato. Oppure, come alla enunciazione di un tema, che ognuno è chiamato a svolgere secondo le proprie capacità.
O, ancora, come ad un modo visivo di rendere la complessità della storia: fatta di cronache in sé semplici, la somma degli eventi si complica anche per l’interpretazione, per la lettura soggettiva del concatenarsi degli eventi i quali, occorre non dimenticarlo mai, da fatto in sé, oggettivo e non modificabile, diventano notizia, e quindi evento interpretato nella produzione della comunicazione. E in gran parte è proprio la “notizia” che produce la storia. E questa dagli studiosi va spogliata dalle sovrapposizioni interpretative, alla ristrutturazione dell’evento nella sua oggettività ed alla ricerca del reale significato.
Ho provato a guardarlo così:
E credo che Ale fosse d’accordo: “se ci fermassimo a ciò che concretamente ci appare in quella che noi crediamo la realtà” – mi ha detto – “sarebbe come rinunciare ad andare avanti”.
Alle spalle dell’Ambrosiana, la Chiesa di San Sepolcro, madre dell’Ambrosiana stessa, non fosse che perché nata nel 1030. Chiesa privata di Benedetto Rozzone, maestro di zecca, in origine dedicata alla Santissima Trinità era stata consacrata dall’arcivescovo Ariberto d’Intimiano; nel 1100, l’arcivescovo di Milano Anselmo IV da Bovisio riconsacrò la chiesa dedicandola al Santo Sepolcro. Una scelta quasi obbligata, questa, essendo appena avvenuta la riconquista di Gerusalemme da parte dei crociati.
Mi è parso che mostrare la Chiesa in modo forse non tradizionale, ma comunque suggestivo, riflessa nel lunotto di una delle troppe auto che infestano la piazza e Milano tutta, potesse essere sintesi del pensiero di una costruzione che ha visto la storia svolgersi per oltre mille anni, anche partecipando muta alle vicende della nascita di un ventennio non particolarmente fortunato. Per l’Italia tutta e non solo. Il 23 marzo 1919…
E credo che neppure in quella occasione dinanzi alla facciata si siano raccolti tanti milanesi quanti quelli che hanno voluto essere tra i primi a entrare nella cripta riaperta: molti di loro erano anche presenti alla cerimonia ufficiale di inaugurazione, svoltasi con la partecipazione del Cardinale Scola; per la stampa, invece, il giorno prima una affollata conferenza.
In cripta, intanto, la palma e la riproduzione del Santo Sepolcro e l’immagine di un Cristo ligneo, e un affresco del 1300 con la Maddalena e l’imperatrice Elena, forse, e la statua di san Carlo Borromeo – beatificato nel 1602 e canonizzato nel 1610 – in atteggiamento di preghiera…
La palma, certamente l’oggetto meno atteso ed anche per questo più straordinario che Milano è tornata a render fruibile a tutti noi: pare che il cardinale Federico Borromeo l’avesse ordinata a Gian Andrea Biffi e Gerolamo Olivieri, e che fosse stata pensata come fontana. E, soprattutto, che fosse simbolo della sapienza. Probabilmente proprio perché tale, il suggerimento di Alessandra è stato di fotografarla dando rilievo particolare alle ombre, quasi a significare l’agonia di una sapienza forse già scomparsa, e destinata ad essere riscoperta, un giorno, grazie alla tenacia di uomini nuovi, liberi e creativi.
Io credo non sia un caso che quella palma si trovi al centro del cuore antico di Milano, la città che da sempre è guida anche culturale, oltre che economica, di questo nostro Paese distratto, sì, e forse anche indifferente, ma pur sempre capace di stimolare uomini – come Leonardo da Vinci – che si innamorano dei significati oltre le cose e i significati cercano perché le cose divengano immortali.
La copia del Sepolcro di Cristo è nel centro “fisico” della città, tale fin dall’epoca romana. E io trovo commovente che le agili colonnine poggino su quelle pietre che appartenevano al lastricato dell’antico foro romano del quarto secolo, e, più ancora, che i milanesi di oggi possano “camminare sulle stesse pietre che furono mille e seicento anni fa calpestate da sant’Ambrogio, da sant’Agostino e dall’imperatore Teodosio e vedere i solchi lasciati dai carri che percorrevano il centro della Milano romana”.
Così Marco Navoni, dottore dell’Ambrosiana, il quale ci ricorda anche che “Leonardo da Vinci disegnò la pianta sia della Chiesa superiore, sia della Chiesa inferiore: tale disegno era un tempo conservato presso la Biblioteca Ambrosiana, ora invece si trova a Parigi.
All’Ambrosiana si conserva invece, all’interno del celebre Codice Atlantico, la mappa della città di Milano. Su di essa Leonardo tracciò un quadratino che indicava proprio la chiesa di San Sepolcro, e indicò quel punto come vero mezzo di Milano, cioè il vero centro della città.”
Poi, la figura di Cristo, come defilata, quasi nascosta.
Un Cristo ligneo, ancora oggetto di studio, dall’espressione intensa, descrizione delle sofferenze patite per ricongiungere a Dio una umanità per molti versi ancora oggi refrattaria, quasi nemica, ma che uscirà un giorno dalle tenebre che la avvolgono.
E le decorazioni delle volte.
E gli affreschi, alcuni forse irrecuperabili, tra le colonne agilissime poggiate sul passato romano della nostra cultura.
Lunedì dell’Angelo Alessandra è partita. Milano le ha affidato questo fiore, colto al Castello, da portare in Cantiere e da restituire intatto alla prossima primavera.