L’ARRIVO DEI NORMANNI IN SICILIA E LA RICONQUISTA
di Max Trimurti -
950 anni fa, ad Hastings, Guglielmo in Normanno, duca di una Normandia riunificata, conquista il regno d’Inghilterra. Contemporaneamente, una parte della stessa popolazione normanna, spinta all’emigrazione dal dinamismo vichingo e dal sovrappopolamento della regione d’origine, si ritaglia uno spazio fondamentale nel sud della penisola italiana dando inizio alla riconquista della Sicilia
Studi recenti condotti da ricercatori inglesi sul dna della popolazione della Normandia hanno evidenziato come l’apporto vichingo in alcune aree della regione abbia superato il 50% della popolazione locale. Questo fattore, unito a un importante dinamismo demografico del X secolo, si è coniugato, a sua volta, con un dinamismo politico, grazie all’elaborazione di uno stato feudale progressivamente centralizzato, sintesi dello spirito di iniziativa dei vichinghi e dell’adozione del modello organizzativo carolingio. In definitiva questo dinamismo umano e il grande pragmatismo delle popolazioni saranno alla base dei successi dei Normanni in Inghilterra e in Sicilia nel corso dell’anno mille.
Per quanto riguarda i Normanni del sud, tutto ha inizio da un provvedimento di bando, quando “a partire dal 1017, Roberto de Tosny, castellano di Tillieres-sur-Avre, fuggendo la collera ducale, si porta con lui tutti quelli che ha potuto riunire e parte per incontrare papa Benedetto VIII che lo aveva consigliato di farsi arruolare presso dei signori longobardi. Secondo Raoul il Glabro questi suoi successi attireranno un numerosissima moltitudine, comprendente anche donne e bambini, con l’accordo e lo stesso ordine del duca Riccardo”.
Nella stessa epoca Osmont Drengot viene a sua volta esiliato; dall’Inghilterra raggiunge Benevento insieme ai suoi quattro fratelli, dove il principe locale gli affida la custodia di una piazzaforte. Ma oltre alle cause politico giudiziarie, sarebbe stata una “demografia galoppante” che avrebbe spinto tanti uomini a lasciare la Normandia. In tal modo, nella famiglia degli Altavilla (fondatrice del regno normanno di Sicilia), Tancredi, che ha avuto cinque figli dal primo matrimonio e sette dal secondo, avrà solamente un erede per le sue terre. Ecco così che i fratelli Altavilla, “di comune accordo, … avendo inizialmente lasciato la loro patria e ricercando in diversi luoghi il profitto attraverso le armi, raggiungono alla fine, guidati da Dio, la Puglia, provincia d’Italia” .
Secondo Guglielmo di Puglia, i primi Normanni, rientrati in Normandia, inciteranno i loro vicini a seguirli in Italia “raccontando loro della fertilità della Puglia e della infingardia dei loro abitanti”. Rainulfo Drengot invia messaggi in Normandia per vantare la bellezza e la fertilità della Puglia. “Sulla base di questi discorsi, poveri e ricchi normanni arriveranno in massa nel sud dell’Italia”, personaggi, discendenti dei Vichinghi, fra i migliori guerrieri dell’epoca, riusciranno a ritagliarsi dei feudi nell’Italia del sud.
La famiglia Altavilla è originaria di Hauteville-la-Guichard nei pressi di Coutances. Tancredi d’Altavilla vi viveva nel suo castello agli inizi del XI secolo con i suoi cinque figli avuti da Murielle: Serlon, Guglielmo, Dreux (Drogo), Goffredo e Onfroi, oltre a quelli avuti dal secondo matrimonio con Fressenda: Roberto il Guiscardo, Maugerio, Guglielmo il giovane, Umberto, Auvray, Tancredi e Ruggero, ai quali vanno aggiunte anche tre figlie. Dopo l’arrivo dei messaggi di Rainulfo Drengot, diventato conte d’Aversa (vicino a Napoli) nel 1036, Gugliemo Drogo e Onfroi decidono di lasciare il paese natale per tentare l’avventura in Italia. Nel sud della penisola, Guaimario, principe di Salerno, invia contingenti di mercenari normanni in rinforzo ai Greci, che con generale bizantino Giorgio Maniakis o Maniace (998-1043) tenta di riprendere la Sicilia ai Mussulmani. Con essi, Guglielmo d’Altavilla e i suoi fratelli si mettono in evidenza nel 1038 nella battaglia di Troina, nell’est della Sicilia, Per la sua forza e il suo coraggio Gugliemo verrà soprannominato Braccio di Ferro, ma i Normanni, furiosi per non aver avuto la loro parte di bottino, decidono di abbandonare la partita e di rientrare in Puglia. Di fatto, a partire dalla loro base di Melfi, Guglielmo Braccio di Ferro e i suoi fratelli, aiutati da Guaimario di Salerno, conquisteranno la Puglia, togliendola ai Bizantini; Guglielmo, conte di Puglia nel 1042, instaurerà un sistema feudale incentrato su Melfi, e basato su cavalieri normanni. Guglielmo muore nel 1046.
A Guglielmo succede Drogo o Drogone che diventa “duca e signore dell’Italia dei conti normanni dell’insieme della Puglia e della Calabria”. Enrico III Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, venuto a Roma per farsi incoronare dal Papa, lo riconosce Duca della Puglia e della Calabria. Gli Italiani del sud avevano accolto favorevolmente i Normanni di fronte ai Bizantini, ma il loro regime di ferro determina una certa stanchezza fra la popolazione e dà spazio a complotti organizzati dai Bizantini contro di loro. Drogone viene assassinato nel 1052 nella cappella del suo castello di Monte Ilaro (vicino a Bovino) e Onfroi gli succede come Duca di Puglia. Ma un altro figlio di Tancredi d’Altavilla era arrivato nel frattempo dalla Normandia nel 1045: Roberto il Guiscardo (1015-1085, soprannome che significa “l’astuto”, attribuitogli dal suo zio). Drogone l’aveva inviato in Calabria dove si era insediato a San Marco e viveva di saccheggi. Egli aveva sposato intorno al 1051, Aubrée (Alberada), la figlia di Gerardo di Buonalbergo, un cavaliere normanno che possedeva un feudo in Calabria.
Ma, a fronte della crescente potenza normanna, il papa Leone IX richiede l’aiuto dell’imperatore Enrico III, che scende in Italia, portando con sé un contingente tedesco, rinforzato di mercenari Greci provenienti da Bari. Di fronte a questa minaccia, Onfroi chiede aiuto al suo fratellastro Roberto il Guiscardo. I Normanni “bardati di ferro”, inferiori di numero, otterranno una brillante vittoria a Civitate nel giugno 1053. I loro nemici vengono messi in rotta e papa Leone IX viene fatto prigioniero, diventando un brillante jolly nelle mani dei Normanni. Di fatto, nel 1054, il papa accetta di riconoscere Onfroi duca di Puglia e di Calabria e nel giugno dello stesso anno viene liberato, ma Onfroi muore nel 1057 e Roberto il Guiscardo diventerà il nuovo duca. Inoltre il nuovo papa, Niccolò II, in conflitto con l’imperatore, decide di riavvicinarsi ai Normanni.
Il potere della famiglia degli Altavilla si è, nel frattempo, rinforzato con l’arrivo, nel 1054, di Goffredo, Maugerio e Guglielmo. Ruggero I il Normanno (1031-1101), il figlio più giovane di Tancredi, arriva nel 1058. Infine, nel 1060, Roberto e Ruggero si impadroniscono dell’ultima fortezza calabrese tenuta dai Greci: Reggio Calabria. La Sicilia è ormai di fronte a loro, separata solamente dallo stretto di Messina.
Nel 1060 Ruggero ha già effettuato diversi raid senza significativi risultati. A quest’epoca l’isola risulta spartita sotto la sovranità degli Ziridi di Tunisia, che nel 1053 avevano spodestato quella sciita dei Kalbiti. Da questa data, l’isola era stata divisa in quattro comandi sotto la guida di quattro caids, due Berberi e due Arabi. Un quinto Caid, Mohammed Ibrahim Ibn al Thimmah o Ibn at Thumma, poco dopo il 1010, riesce progressivamente a costituirsi un territorio intorno a Siracusa e quindi a Catania. Questi, nella disperata ricerca di aiuti esterni contro l’emiro di Agrigento e di Enna, Ibn al Hawas,, si incontra in segreto, nel 1061, con Ruggero, stipulando un accordo che aprirà la strada della Sicilia ai Normanni. Questo accordo segnerà l’inizio della ritirata mussulmana dall’isola.
Gli storici arabi, che scrivono a partire dal XII secolo (Cronaca Universale o la Perfezione nella storia, del curdo Ibn al Athir o Alī ʿIzz al-Dīn bin al-Athīr al-Jazarī, 1160-1233), attribuiscono la vittoria dei Normanni alle divisioni dell’isola, che per di più usufruisce di scarsi aiuti da parte dell’Africa del Nord. L’organizzazione della popolazione siciliana, riparata in città fortezze, i numerosi rifugi naturali nella montagna e il controllo del mare da parte dei mussulmani, contribuiscono a rendere la conquista difficile, lunga e probabilmente molto sanguinosa. Quest’ultimo punto è un fatto decisamente determinante nella tattica che sarà utilizzata dai conquistatori, nella misura in cui è noto che i cavalieri normanni sono poco numerosi e che, seppur beneficino di un afflusso regolare di emigranti dalla Normandia e dal nord est della Francia, questo flusso non supera di certo l’entità di qualche centinaio di unità l’anno. Pertanto, i Normanni, fatta eccezione per l’assedio di Palermo, eviteranno accuratamente gli scontri in campo aperto (vedasi Hastings nel caso dell’Inghilterra). In questo contesto, Ruggero, detto anche il Gran Conte di Calabria, che non abbandonerà mai l’isola, si impone progressivamente, non solo come un buon comandante di guerra, ma soprattutto come un eccellente amministratore.
Le vicende della conquista ci sono state tramandate principalmente attraverso le fonti cristiane fra le quali le cronache di Amato da Monte Cassino (1010-1090), Guglielmo di Puglia (Guillelmus Apiliensis) e Goffredo Malaterra. Il ritorno della Sicilia al Cristianesimo, vissuto da questi autori come una grande impresa, non sembra avere avuto una grande ripercussione nel mondo mussulmano, dove, a prescindere dal suo interesse economico, la Sicilia rappresenta un semplice avamposto e un possesso periferico. Tuttavia, dal lato cristiano, il successivo lancio della Prima Crociata verrà a occupare tutto lo spazio politico, relegando l’impresa della Sicilia in secondo piano. I Normanni del Mediterraneo, comunque, preoccupati di non provocare agitazioni nei loro stati, non prenderanno parte alle Crociate, al di là di un aiuto logistico. Unica eccezione Beomondo di Taranto (1054-1111), figlio di Roberto il Guiscardo, che tenterà la sua sorte in Terra Santa.
La Sicilia che era stata bizantina, era diventata mussulmana dopo un certo numero di incursioni, 827, 831 (conquista di Palermo), 872 (conquista di Siracusa) e 902 (conquista di Taormina) e una forte immigrazione araba e berbera dall’Africa del nord, con una forte presenza greco cristiana nel nord est (Val Demone).
Dopo un fallito tentativo, nel febbraio 1061, di impadronirsi di Messina, Ruggero fa ricorso a Roberto il Guiscardo e con un esercito di duemila uomini, sbarca nuovamente in Sicilia, conquistando Messina nel maggio 1061. Fra il 1061, inizio delle operazioni militari in Sicilia, e il gennaio 1072, anno della conquista di Palermo, i Normanni saranno peraltro costretti a battersi anche su altri fronti, contingenza che obbliga Roberto il Guiscardo a numerosi andirivieni, specie in Puglia, dove le rivolte, fomentate dai Bizantini, sono ricorrenti.
Il Caid di Catania, Ibn al Thumma, rimane un alleato fedele dei Normanni e fornisce loro un importante sostegno almeno sino all’inizio del 1062, data del suo assassinio in un agguato. Nello stesso tempo, la città di Troina, posta sulla strada da Messina a Palermo e abitata prevalentemente da cristiani, si solleva e apre le sue porte a Ruggero. In questo periodo di incertezza militare i Normanni continuano a costruire torri fortificate, ai fini di un sistematico controllo del territorio conquistato.
Nonostante la loro netta inferiorità numerica, nel luglio 1063, i Normanni daranno battaglia in campo aperto a Cerami, a est di Troina, in Val Demone. Questa battaglia, vinta dai Normanni, entrerà nella leggenda degli Altavilla, come uno dei fatti più importanti di tutta la campagna. Sebbene rinforzati da elementi provenienti dal Nord Africa, i Mussulmani vengono schiacciati da un esercito comprendente il fior fiore dei più feroci avventurieri normanni, fra i quali il famoso Roussel de Bailleul (Ursellus de Ballione o Frangopoulos o anche Roscelin de Baieul, morto in Asia Minore nel 1078), che qualche anno più tardi sarà alla guida di un esercito imperiale bizantino contro i Turchi.
In questo momento in cui nulla è ancora deciso, si comprende, proprio attraverso Roussel de Bailleul, quanto sia atipico il contingente normanno: composto da mercenari in cerca di bottino e di successi militari, esso segue Roberto il Guiscardo, che condivide i loro valori ma che, a loro differenza, è dotato di una visione geopolitica. Il duca si preoccupa di consolidare le sue conquiste, lasciando la gestione diretta ai suoi fratelli. La maggioranza di questi uomini di guerra abbandoneranno poi la Sicilia, come lo stesso Guiscardo, dopo la conquista di Palermo, per continuare le loro avventure nei Balcani, in Africa o in Spagna, preferendo decisamente la guerra alla vita di corte.
Dopo un vano assedio a Palermo nel 1064, Ruggero, disponendo di un contingente limitato, consolida le sue posizioni. Per demoralizzare i difensori della città i Normanni devastano il territorio circostante e tentano dei colpi di mano più improbabili. Il ritorno in Sicilia di Roberto il Guiscardo, consente a Ruggero di assediare nuovamente Palermo nell’ottobre del 1071. Questa città, ricca e opulenta, risulta molto ben difesa da possenti bastioni, edificati dai migliori specialisti dell’arte militare araba. I battelli alla fonda nel porto sono protetti dalle fortificazioni e da un sistema di enormi catene che impediscono l’accesso alla baia. I primi assalti normanni vengono condotti dal mare allo scopo di isolare i difensori e portano alla distruzione delle difese e all’incendio della flotta mussulmana. La logistica del contingente normanno è stata preparata minuziosamente: essa si appoggia sulle flotte dei commercianti pisani. Questi ultimi, che puntano sulla vittoria dei Normanni, forniscono un sostegno interessato, in quanto la pace ed il ritorno della Sicilia in mano cristiana rappresenta sinonimo di sviluppo del commercio e di guadagni.
Prima di attaccare la città antica, composta dal Qasr (Cassero) e dalla Kalsa, sede del potere difeso da spesse muraglie, i Normanni si dirigono contro i quartieri abitativi più moderni e meno fortificati. Ancora una volta, Roberto il Guiscardo, che ha appena conquistato Bari, conduce la lotta alla testa delle sue truppe, non esitando a partecipare all’assalto dei bastioni, operazione altamente pericolosa. “Una astuzia di Roberto consente di avere ragione della città. Avendo impiegato il grosso delle sue truppe per attaccare la parte più forte della città , egli si introduce con un commando nel quartiere di Al Halisah ed apre le porte della piazzaforte che viene finalmente invasa”.
Di fronte alla progressiva avanzata, che è stata senza dubbio facilitata dall’aiuto della popolazione locale di fronte ai mussulmani, i notabili arabi della città preferiscono negoziare la resa. In cambio, essi domandano di conservare le loro leggi e la pratica dell’Islam. Dopo lunghi ed estenuanti negoziati i Normanni fanno il loro definitivo ingresso nella città vecchia all’inizio del 1072 e con un gesto simbolico gli Altavilla rendono al culto cristiano l’antica cattedrale, diventata moschea e ristabiliscono l’antico arcivescovo greco. Ma molto rapidamente quasi tutto il clero di rito orientale sarà a sua volta accantonato, a vantaggio della Chiesa di Roma.
Roberto diventa a quel punto duca di Sicilia e Ruggero Conte di Sicilia. Ma Roberto il Guiscardo non si ferma a Palermo: partito per la Grecia con suo figlio Beomondo, si apre la strada di Costantinopoli, grazie alla vittoria di Durazzo nel 1082. Una nuova vittoria ottiene a Corfù nel 1085, ma colpito dalla malaria Roberto muore nel giugno dello stesso anno. Gli succede suo figlio Ruggero Borsa per i ducati di Puglia e Calabria, governati con l’aiuto dello zio Ruggero, gran conte di Sicilia.
Ruggero conclude la conquista della Sicilia nel 1084 con la conquista di Siracusa. Ruggero lascia coabitare le quattro religioni: cattolica, ortodossa, mussulmana ed ebrea e l’isola conoscerà uno dei suoi momenti migliori, ridiventando il granaio di Roma. Ruggero muore nel 1101 a Mileto in Calabria. I suoi due figli, Simone (8 anni ) e Ruggero (5 anni) sono troppo giovani per governare; la sua vedova Adelaide assicura la reggenza con abilità, facendo di Palermo la capitale della Sicilia. Morto Simone nel 1105, Ruggero viene armato cavaliere nel 1112 e inizierà il suo regno a 17 anni con il nome di Ruggero II.
La pacificazione della Sicilia diventerà definitiva nel corso del 1140. Ruggero viene incoronato nel Natale del 1130. “I discendenti di Tancredi d’Altavilla hanno dato prova di un pragmatismo assoluto mantenendo e adattando le istituzioni preesistenti, garantendo la coesistenza pacifica fra le diverse religioni. L’esempio della Sicilia è molto significativo, anche se non bisogna credere che è “tutto oro quello che riluce”. L’incoronazione di Ruggero II si è ispirata al cerimoniale di Bisanzio, come è dimostrato da un mosaico nella Martorana a Palermo, Il principe indossa un abito bizantino e il Cristo pone sulla sua testa il Kamelaukion del Basileus, composto da una corona di pendenti. Più significativa la scelta del suo principale consigliere, l’ammiraglio Giorgio d’Antiochia, greco di Siria, che era stato al servizio dell’emiro di El Medeah prima di passare a quello di Ruggero II.
Giorgio d’Antiochia effettuerà la conquista della costa tunisina da Tunisi a Tripoli, riuscendo persino a controllare Kairuoan fra il 1143 e il 1148, mentre Ruggero, con la pubblicazione delle Assise, codice dell’organizzazione del regno, dimostrerà l’efficacia delle istituzioni amministrative. Ruggero II viene riconosciuto come un geografo, un cartografo di valore; egli è re di Sicilia, ma anche duca della Puglia e della Calabria. Sotto il suo regno si sviluppa una architettura siculo-normanna caratterizzata da influenze arabe. Ricordiamo di questo periodo la Cappella Palatina (1130-1140), la Martorana (1143), San Cataldo (1154), l’inizio della cattedrale di Cefalù (1131).
Ruggero II muore nel 1154 a Palermo. Gli succede Guglielmo I detto il Malo (1131-1166), all’età di 34 anni. Il suo regno risulta agitato, il suo ministro Maione di Bari (1115-1160), governa con competenza, ma viene contestato dal popolo. Il re muore nel 1166 e gli succede Guglielmo II il Buono (1153-1189), all’età di 13 anni; la madre, la regina Margherita di Navarra (1134-1183), assicurerà la reggenza per cinque anni. Il suo regno effettivo ha inizio nel 1171 e sarà un periodo brillante. Egli farà edificare l’abbazia di Monreale (dal 1172) e farà terminare la Zisa; allaccerà inoltre relazioni diplomatiche con l’Inghilterra e con l’Impero, facendo sposare la zia Costanza d’Altavilla (1154-1198, figlia postuma di Ruggero II) al futuro imperatore Enrico VI (1165-1197, figlio di Federico Barbarossa), che diventerà suo erede, morendo senza figli nel 1189. Ma i siciliani preferiscono Tancredi di Lecce (1138-1194), vecchio ministro di Guglielmo II, che diventa re di Sicilia, dove mantiene la pace. Questi, colpito da malattia, muore improvvisamente a Palermo nel 1194, consentendo così ad Enrico VI di Hohenstaufen di entrare a Palermo, dove nel frattempo era stato messo sul trono Guglielmo III o Guglielmino d’Altavilla (1185-1198), figlio di Tancredi di Lecce con la reggenza della madre Sibilla di Medania o d’Acerra (1153-1205). Enrico VI si comporterà in modo brutale, portando nell’Impero il mantello di Ruggero II (conservato a Vienna). Guglielmino morirà in prigionia nel 1198. Enrico VI muore poco dopo la sua incoronazione nel 1198. Gli succede suo figlio Federico di Hohenstaufen. Sarà uno dei più grandi sovrani del medioevo, imperatore nel 1215 e ultimo re normanno di Sicilia.
Per saperne di più
Amari Michele, Storia dei musulmani di Sicilia, Catania, Romeo Prampolini, 1933-1939
Amato di Montecassino, Storia dei Normanni, introduzione, traduzione e note di Giuseppe Sperduti, ed. Ciolfi, Cassino 1999
Pasquale Hamel, L’invenzione del regno, dalla conquista normanna alla fondazione del Regnum Siciliae (1061-1154), Palermo, Nuova Ipsa, 2009
Ferdinand Chalandon e Alberto Tamburrini, Storia della dominazione normanna in Italia e in Sicilia, Cassino, Francesco Ciolfi Editore, 2009
John Julius Norwich e Elena Lante Rospigliosi, Il regno del sole. I Normanni nel Sud, 1130-1194, Milano, Mursia, 2007