L’ABBÉ GRÉGOIRE, CATTOLICO E RIVOLUZIONARIO
di Giancarlo Ferraris -
Assertore dell’alleanza tra basso clero e Terzo Stato, nel 1789 chiese la fine di tutti i privilegi, il suffragio universale maschile e il riconoscimento dei diritti civili e politici agli ebrei. Fu il primo ecclesiastico francese a giurare fedeltà alla Costituzione Civile del Clero, rivendicando però il diritto di rimanere fedele al proprio ministero di vescovo, tanto che anche durante il Terrore continuò a indossare l’abito episcopale.
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Un illuminato parroco di campagna
Non tutti coloro i quali vissero la Rivoluzione francese, anche e soprattutto da protagonisti, ne furono, in un modo o nell’altro, travolti o segnati. Ci furono anche coloro i quali vissero l’evento che sconvolse la Francia alla fine del Settecento in maniera assolutamente (o meglio relativamente) serena e costruttiva, partecipandovi in prima persona e restando fedeli ai propri principi, senza esserne coinvolti più di tanto, specie nei suoi momenti più drammatici, violenti e sanguinosi. Uno di questi fu il vescovo Henri Grégoire, più noto come l’abbé Grégoire. Figlio di un sarto con la passione per la politica e di una donna di profonda pietà religiosa, nacque il 4 dicembre 1750 a Vého, un piccolo villaggio della regione della Mosella, nel nord-est della Francia. Il piccolo Henri fu educato inizialmente dal parroco del villaggio natio, che si accorse subito delle grandi doti intellettive del suo allievo, per poi continuare gli studi nel collegio dei gesuiti di Nancy dove, segretamente, ebbe modo di conoscere il pensiero degli illuministi, nel seminario di Metz diretto dai padri lazzaristi e infine all’università di Nancy, presso cui studiò filosofia e teologia. Nel 1775 fu ordinato sacerdote e l’anno successivo entrò a far parte della Società di Filantropia a Carità di Nancy che, forse, era un’associazione strettamente legata alla Massoneria. Nel 1782 divenne parroco del piccolo villaggio di Emberménil. Di estremo rigore spirituale – di lui si conservano le preghiere che recitava ai suoi santi protettori, le regole per la vita interiore e le norme per l’esame di coscienza, il ritiro e gli esercizi spirituali – era anche convinto che il sacerdote fosse la pietra angolare non solo della Chiesa, ma di tutta la società: in virtù di questa convinzione svolse in modo innovativo la missione pastorale creando una biblioteca, accessibile a tutti, ricca di numerose opere di agronomia, artigianato, morale e igiene, occupandosi dell’educazione dei suoi parrocchiani e coadiuvandoli nel lavoro dei campi al fine di incrementare e di migliorare la produzione agricola. Si dimostrò anche un buon predicatore, consigliando soprattutto la pratica della carità e della tolleranza, e intraprese altresì numerosi viaggi attraverso i quali entrò in contatto con altre regioni della Francia, venendo così a conoscenza della multiforme realtà sociale ed economica del suo paese. Uomo di grande cultura – parlava correttamente, oltre al francese, l’italiano, l’inglese, lo spagnolo e il tedesco – partecipò alla vita intellettuale del tempo come socio corrispondente di numerose accademie, dedicandosi alla poesia e occupandosi di agronomia e di pedagogia, con il duplice fine di migliorare la produzione agricola e di elevare materialmente e spiritualmente le classi sociali subalterne. Nel 1783 ricevette la corona dall’Accademia di Nancy per il suo Elogio della poesia e nel 1788 la corona dall’Accademia di Metz per il suo Saggio sulla rigenerazione fisica e morale dei giudei, il quale venne in seguito tradotto in inglese. In quest’opera Grégoire critica l’atteggiamento persecutorio messo in atto dai governi europei nei confronti degli ebrei, atteggiamento che egli considera contrario all’utilità sociale, invocando al tempo stesso una forma particolare di tolleranza religiosa intesa come creazione di buoni rapporti con il popolo ebraico al fine di prepararne la conversione al cristianesimo. Precedentemente aveva pronunciato un discorso favorevole alla fine della discriminazione semitica in occasione dell’inaugurazione della sinagoga a Lunéville.
Nel vortice della Rivoluzione: il “prete cittadino”
Gli anni immediatamente precedenti la Rivoluzione furono pieni di fermenti e di tensioni per il basso clero francese che, sulla scia del giansenismo, rivendicava un ruolo spirituale maggiore di quello fino a quel momento esercitato, propugnava una certa autonomia dall’autorità vescovile e formulava ampi progetti di rinnovamento politico, economico e sociale. Nel 1787 si tenne a Nancy un’assemblea di parroci la quale contestò veementemente il fatto che la stragrande maggioranza delle rendite derivanti dal ricco patrimonio immobiliare ecclesiastico fossero incamerate dall’alto clero. Verso la fine del 1788, sempre a Nancy, i parroci si accordarono con i rappresentanti del Terzo Stato, cioè la borghesia, per presentarsi insieme all’assemblea degli Stati Generali che era stata convocata dal re Luigi XVI per far fronte alla difficilissima situazione politica, economica e sociale in cui versava la Francia. L’abbé Grégoire, in questa sorta di organizzazione politico-sindacale ecclesiastica, ricopriva, insieme ad altri parroci, il ruolo di commissario che abbandonò quando venne eletto deputato del clero per il territorio di Nancy e come tale si recò a Versailles per prendere parte all’assemblea degli Stati Generali che si aprì il 5 maggio 1789.
Fin da subito l’abbé Grégoire fu tra i più convinti assertori dell’alleanza tra il basso clero e il Terzo Stato – alleanza che, come abbiamo già detto, si era profilata a Nancy due anni prima – e fu tra i promotori dell’Assemblea Nazionale Costituente formatasi il 17 giugno e composta dai rappresentanti del basso clero e della borghesia a cui si unì più tardi l’alto clero con l’obiettivo di dare alla Francia un nuovo assetto politico, passando dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale. Nell’ambito dell’Assemblea Nazionale Costituente l’abbé Grégoire, che era stato soprannominato il “prete cittadino”, chiese a gran voce la fine immediata di tutti i privilegi, il suffragio universale maschile, l’abolizione del maggiorascato e della schiavitù nelle colonie d’oltreoceano, quest’ultima invocata sulla base filosofica dell’unità del genere umano e sulla conciliazione tra il messaggio evangelico e i diritti dell’uomo scaturiti dalla Rivoluzione. Ebbe poi l’occasione di presiedere la lunghissima seduta di oltre sessanta ore che si svolse all’Assemblea Nazionale Costituente e che coincise anche con la presa della Bastiglia, il 14 luglio, data ufficiale di inizio della Rivoluzione, seduta durante la quale pronunciò un veemente discorso contro tutti gli avversari del nuovo corso storico e in difesa della Francia. Nella notte del 4 agosto, quando l’Assemblea Nazionale Costituente decretò l’abolizione del feudalesimo, fu tra i deputati che maggiormente si batterono per la fine dei privilegi ecclesiastici e la soppressione delle decime.
L’evento rivoluzionario che più di ogni altro ebbe come protagonista l’abbé Grégoire fu però la Costituzione Civile del Clero (12 luglio 1790), l’atto legislativo dell’Assemblea Nazionale Costituente che modificò i rapporti tra la Francia e la Chiesa cattolica secondo i principi del gallicanesimo cioè di una Chiesa nazionale autonoma dal Papato. Preceduta dalla nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, resa necessaria per fronteggiare la crisi finanziaria, e dalla soppressione degli ordini religiosi, esclusi quelli dediti all’attività scolastica e ospedaliera, la Costituzione Civile del Clero ridusse notevolmente il numero delle diocesi e delle parrocchie, assegnò alle assemblee locali la nomina dei vescovi e dei parroci ridotti così a funzionari statali, ne stabilì lo stipendio e l’obbligo della residenza. L’abbé Grégoire fu il primo ecclesiastico francese a giurare fedeltà alla Costituzione Civile del Clero, diventando così un sacerdote costituzionale, e il primo a diventare vescovo costituzionale, ricoprendo questo ruolo, con grande capacità e dignità nel biennio 1791-92, a Blois, una cittadina della regione della Loira, nella Francia centrale. Per sostenere la nuova Chiesa costituzionale l’abbé Grégoire cercò di ricostituire l’episcopato francese che si era rifiutato di aderire alla Costituzione Civile del Clero, scrisse lettere pastorali alle assemblee locali per organizzare l’elezione dei vescovi e dei parroci, fondò un Comitato di Vescovi Riuniti e un periodico dove espose le proprie idee, fece estendere la Costituzione Civile del Clero alle colonie d’oltreoceano dove costituì nuove diocesi rette da vescovi da lui stesso nominati. Si dichiarò ostinatamente repubblicano sottomesso alla legge, affermando la propria posizione dottrinale: «Il papato è il centro dell’unità cattolica; esso possiede il primato morale, ma non quello giurisdizionale; la Chiesa di Francia, la Chiesa costituzionale, nata dalla Rivoluzione, si governa da sé».
Poco prima della fine del suo mandato all’Assemblea Nazionale Costituente si batté per il riconoscimento dei diritti civili e politici agli ebrei.
Nel settembre 1792 l’abbé Grégoire venne eletto alla Convenzione Nazionale, il nuovo parlamento della Francia rivoluzionaria che proclamò la repubblica e mise sotto processo il re Luigi XVI. In qualità di deputato l’abbé Grégoire si occupò della riorganizzazione del sistema scolastico e fu uno dei membri più solerti del Comitato per l’Istruzione Pubblica, promuovendo una profonda indagine sui dialetti locali al fine di favorire la diffusione e l’uso della lingua francese su tutto il territorio nazionale, istituendo il Conservatorio Nazionale delle Arti e dei Mestieri per la formazione di tecnici e ingegneri e l’Ufficio delle Lunghezze, che aveva il compito di migliorare il trasporto marittimo attraverso una più esatta conoscenza delle distanze geografiche. Nel corso del processo a cui la Convenzione Nazionale sottopose Luigi XVI (dicembre 1792 – gennaio 1793) non si pronunciò per la condanna a morte dell’ex-sovrano di Francia, essendo fortemente contrario alla pena capitale anche per colui che considerava, comunque, un tiranno. Ciò, tuttavia, non gli impedì di affermare: «I re sono nell’ordine morale quello che i mostri sono nell’ordine fisico. Le corti sono il laboratorio del delitto, il focolare della corruzione, il covo dei tiranni. La storia dei re è il martirologio delle nazioni».
Sotto il regime del Terrore giacobino l’abbé Grégoire continuò a sedere alla Convenzione Nazionale, condannando apertamente il processo di scristianizzazione messo in atto dai rivoluzionari nel 1793 e opponendosi alla distruzione dei monumenti e delle opere d’arte legate all’ancien règime, tanto da coniare il termine “vandalismo”, entrato poi nell’uso comune. Durante il successivo governo del Direttorio tentò di riorganizzare la Chiesa costituzionale per dare vita a una Chiesa gallicana e insieme ad altri vescovi costituzionali e alcuni studiosi laici fondò la Società Libera di Filosofia Cristiana con l’intento di riprendere gli studi di teologia che erano stati interrotti dallo scoppio del moto rivoluzionario, di combattere la scristianizzazione e i nuovi culti imposti dalla Rivoluzione quali l’Essere Supremo, che ammetteva l’esistenza di un principio razionale divino, inteso come entità trascendente, rifiutando però ogni forma di rivelazione e la teofilantropia, una forma di religione naturale fondata soltanto sul riconoscimento dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima ed escludente la rivelazione.
È indubbio che l’abbé Grégoire stette nella Rivoluzione francese con grande dignità, senza scalfire la propria fede – fu, come abbiamo già detto uomo di estremo rigore spirituale – e neppure il proprio onore ecclesiastico. Nonostante la palese ostilità degli altri rivoluzionari e l’ombra minacciosa del patibolo, rivendicò sempre in nome della libertà dei culti il diritto di rimanere fedele al proprio ministero di vescovo, tanto che anche durante il Terrore continuò a indossare l’abito episcopale e a portare il cappello vescovile, incarnando onorevolmente il tentativo di conciliare il cattolicesimo con la Rivoluzione come appare palesemente in una delle sue tante lettere pastorali: «Sempre legati all’albero antico e misterioso della Chiesa cattolica, apostolica e romana, noi crediamo in tutto ciò in cui essa crede. Neppure una parola è mutata nella celebrazione dei misteri, nell’amministrazione dei sacramenti, nell’insegnamento delle sante verità […]. Il Vangelo ci annuncia che siamo fratelli. Il Vangelo consacra i principi di uguaglianza e di libertà; rinnovate le vostre assicurazioni di fedeltà alla Repubblica e di attaccamento alla Convenzione Nazionale. Rifiutate, nelle vostre riunioni religiose, l’iniqua alleanza di uomini che vorrebbero alimentare il rimpianto dell’esecrabile regime monarchico. Chi non ama la Repubblica è un cattivo cittadino e, di conseguenza, un cattivo cristiano».
Dopo la Rivoluzione
Sotto il Consolato napoleonico l’abbé Grégoire dovette abbandonare la sua diocesi di Blois e successivamente lasciare la Francia insieme all’amico Eustachio Degola, un presbitero e scrittore italiano giansenista che, com’è noto, istruì al giansenismo Enrichetta Blondel, la prima moglie di Alessandro Manzoni. Dopo aver soggiornato in Olanda, Germania e Inghilterra, l’abbé Grégoire ritornò in Francia dove venne nominato senatore da Napoleone primo console, al quale però si oppose energicamente soprattutto a causa della firma del Concordato con la Chiesa di Roma che ristabiliva i rapporti tra la Francia e il Papato e poneva così fine al suo progetto di creare una Chiesa gallicana. Fedele alle sue convinzioni repubblicane, continuò a fregiarsi del titolo di vescovo costituzionale di Blois: lo storico Jules Michelet lo definì «l’uomo dalla testa di ferro». Negli anni della Restaurazione, dopo essere stato eletto e successivamente espulso dalla Camera dei Deputati, visse escluso dalla vita pubblica. Morì a Parigi il 20 maggio 1831, senza aver fatto sottomissione alla Chiesa di Roma tanto che gli fu negata la sepoltura ecclesiastica. Nel 1989, in occasione del bicentenario della Rivoluzione, le sue ceneri sono state trasferite al Panthéon di Parigi.
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Per saperne di più
J. Boulad-Ayoub, L’abate Grégoire, apologeta della Repubblica, trad. it., Parigi, 2005
C. Blanc – P. Chopelin, L’oscurantismo e l’illuminazione; itinerario dell’abate Grégoire, vescovo rivoluzionario, trad. it., Parigi, 2013
J. Dubray, Il pensiero dell’abate Grégoire: dispotismo e libertà, trad. it., Oxford, 2008
P. Fauchon, L’abate Grégoire, cittadino sacerdote, trad. it., Tours, 1989
F. Furet – D. Richet, La Rivoluzione francese, trad. it., Bari, 1974