PIO X: LA MODERNITÀ, NONOSTANTE TUTTO
di Pier Luigi Guiducci -
Santificato nel 1954, Pio X fu un pontefice umile e concreto. Governò la Chiesa dal 1903 al 1914, contrastando il Modernismo e sciogliendo l’Opera dei Congressi quando era in “odore” di socialismo. Tuttavia fu anche l’artefice della partecipazione dei cattolici alla politica, facendo venir meno i vincoli imposti dal Non expedit.
La nascita (1835) e il sacerdozio (1858)
Giuseppe Melchiorre Sarto (il secondo di dieci figli) nacque nel 1835 a Riese (Treviso), nell’allora regno del Lombardo-Veneto (dipendente dall’impero austriaco). Proveniva da una numerosa e povera famiglia.
Il padre era il postino locale, la madre (analfabeta) lavorava come cucitrice. Dopo aver terminato gli studi presso la scuola di Castelfranco Veneto, Giuseppe riuscì ad entrare (1850) nel seminario di Padova grazie all’intervento del cardinale Jacopo Monico (1778-1851), allora patriarca di Venezia, ma originario di Riese.
Affrontò un regolare iter di studi senza però arrivare al livello universitario. La madre, rimasta vedova nel 1852, fece molti sacrifici per sostenere la sua vocazione. All’età di 23 anni Giuseppe fu ordinato sacerdote (18 settembre 1858).
Lo consacrò nel duomo di Castelfranco Veneto il vescovo di Treviso, Giovanni Antonio Farina (1803-1888) [1].
Cappellano a Tombolo (1858)
Don Giuseppe fu assegnato nel novembre del 1858 come cappellano nel piccolo borgo di Tombolo (1400 abitanti ca), in provincia di Padova. Il luogo era ai confini della diocesi di Treviso. In parrocchia don Sarto avviò una scuola di canto liturgico, iniziò a riflettere sul rinnovamento della catechesi, e aprì una scuola serale per analfabeti. Nel 1867 il suo vescovo, mons. Federico Maria Zinelli (1805-1879), lo invitò a partecipare ad un concorso per assumere la responsabilità pastorale di una delle cinque parrocchie che in quel momento erano vacanti di un titolare. L’esito della prova fu positivo.
Parroco di Salzano (1867)
Il 21 maggio 1867 don Sarto fu nominato parroco di Salzano, in provincia di Venezia ma in diocesi di Treviso. Vi rimase per circa nove anni. La comunità era formata da 2282 abitanti, in gran parte agricoltori, quasi tutti mezzadri della famiglia di Moisè Vita Jacur (1797-1877). Il principale impegno del nuovo parroco fu la catechesi ai fanciulli e agli adulti. Al riguardo, istituì un “catechismo a dialogo” con don Giuseppe Menegazzi (1840-1917), suo successore alla guida della parrocchia dal 1876 al 1885 [2]. A Salzano, don Sarto ammise all’Eucaristia anche bambini di 8-9 anni. Come molti parroci veneti dell’Ottocento, dovette poi dirigere le scuole del comune: fu infatti eletto direttore nel 1868 e sovraintendente nel 1869. Negli anni della sua cura parrocchiale fu anche aperta la sezione femminile della scuola comunale (in precedenza, durante il governo austriaco, non erano previste forme di istruzione per le donne). Il suo obiettivo mirava anche all’alfabetizzazione degli adulti che attuò nelle ore serali.
Unitamente a ciò, migliorò la funzionalità del locale ospedale civile (uno dei pochi della provincia di Venezia, chiuso per ragioni finanziarie nel 1883) e l’attigua casa di ricovero per anziani, fondati da don Antonio Bosa nel 1855 in seguito al lascito di don Vittorio Allegri (1791-1835) [3], dotandoli di uno statuto e di un regolamento interno. Durante l’epidemia colerica del 1873 si prodigò a favore degli infermi.
Canonico di Treviso (1875)
Nel 1875 Giuseppe Sarto divenne canonico di Treviso, per intervento del vescovo Zinelli. Aveva quasi quarant’anni. La sua attività si svolse tra la cattedrale (canonico), la curia (cancelliere), il tribunale ecclesiastico (consigliere), il seminario (direttore spirituale) e il liceo vescovile (docente di religione). Grazie ai compiti ricevuti ebbe la possibilità di migliorare una conoscenza del diritto canonico e di osservare la situazione del seminario. Sempre nel 1875 incontrò a Torino san Giovanni Bosco (1815-1888) e chiese di essere iscritto tra i cooperatori salesiani [4]. Fu vicino anche al movimento cattolico trevigiano, che muoveva i primi passi. Quest’ultimo (dal 1892 in poi) avrebbe dato impulso alle Casse Rurali cattoliche, e ai periodici L’Eco del Sile (1878-1882) e Il Sile (1883-1885), divenuti in seguito La Vita del Popolo (fondato nel 1892).
Vescovo di Mantova (1884)
Nel settembre del 1884, Leone XIII (Pontefice dal 1878 al 1903), sulla base delle positive relazioni riguardanti mons. Sarto, lo nominò vescovo di Mantova. A presiedere la cerimonia di consacrazione fu il cardinale Lucido Maria Parocchi (1833-1903). L’ingresso in diocesi avvenne solo nel 1885. Questa Chiesa locale era ritenuta “difficile”. Vi avevano già trovato ostacoli due vescovi: mons. Pietro Rota (1805- 1890) tra il 1871 ed il 1879, e mons. Giovanni Maria Berengo (1820-1896) tra il 1879 ed il 1884 [5]. In città si trovavano ambienti ostili alla Chiesa cattolica. Oltre a un influsso massonico e al movimento di ispirazione anarchico-socialista La boje [6], erano estese in più ambiti culturali posizioni riconducibili allo scientismo, al razionalismo e al positivismo. Già Roberto Ardigò (1828-1920), esponente del positivismo italiano, professore del seminario mantovano e canonico, aveva lasciato il sacerdozio nel 1871. Ma non fu l’unico. Nell’anno precedente dieci sacerdoti si erano allontanati dalla vita ecclesiale.
Monsignor Sarto dovette così riorganizzare la vita del seminario, rimasto chiuso tra il 1870 ed il 1880, e già nel 1886 si videro i primi risultati. Un altro obiettivo individuato dal vescovo riguardò le comunità parrocchiali. A queste applicò le linee pastorali sperimentate in Veneto. I programmi erano centrati su sacramenti e dottrina cristiana. Il 12 ottobre 1885 venne stabilito che in ogni parrocchia doveva essere istituita una scuola di dottrina cristiana, e che nelle domeniche e nelle feste di precetto doveva essere spiegato il catechismo ai fanciulli e, più in generale, ai fedeli. In talune occasioni mons. Sarto si impegnava di persona nella catechesi al posto di un parroco momentaneamente impedito, e vigilava sulle attività in progress.
Le visite pastorali (1885-1889) e il Sinodo diocesano del 1888
Il 18 agosto 1885 ebbe inizio la prima visita pastorale diocesana. Una seconda si realizzò nel maggio del 1889. La spinta alla riforma della diocesi comportò anche la convocazione di un sinodo diocesano, che in diocesi di Mantova non si teneva da circa due secoli: indetto il 16 febbraio 1887, fu celebrato dal 10 al 12 settembre 1888. L’anno seguente monsignor Sarto partecipò al primo Congresso catechistico nazionale (Piacenza, 24-26 settembre 1889). In tale occasione presentò un voto a favore di “un catechismo popolare storico-dogmatico-morale redatto in domande brevi e risposte brevissime”.
Unitamente a ciò, il vescovo di Mantova indicò spazi operativi all’Azione Cattolica e fu vicino ai promotori dell’Unione Cattolica Italiana di Studi Sociali, promossa a Padova il 29 dicembre 1889 per iniziativa di mons. Giuseppe Callegari (1841-1906), del trevigiano Giuseppe Toniolo (1845-1918) e del bergamasco Stanislao Medolago Albani (1851-1921). Un ulteriore impegno pastorale di mons. Sarto riguardò la musica sacra. Quest’ultima, a Mantova come nel Veneto, conservava uno stile teatrale e melodrammatico. Il 15 ottobre 1887 il vescovo licenziò i cantori del duomo e istituì la scuola dei cantori seminaristi. Verso la fine del mandato episcopale a Mantova incontrò il giovanissimo Lorenzo Perosi (1872-1956). Quest’ultimo lo informò sulle attività musicali dell’abbazia di San Pietro di Solesmes. Si trattava di un centro benedettino francese molto attivo sul piano del rinnovamento liturgico e dello sviluppo del canto gregoriano. Dopo valutazioni di merito, il vescovo raccomandò il canto gregoriano in diocesi.
Nel settembre del 1891 monsignor Sarto ebbe modo di incontrare a Castiglione delle Stiviere
san Luigi Guanella (1842-1915), fondatore di molte opere di carità. Era la festa di san Luigi Gonzaga. I due si rividero a Venezia durante il congresso eucaristico del 1897. Fu l’inizio di un’amicizia che proseguì nel tempo.
Patriarca di Venezia (1893)
Nel 1893 monsignor Sarto fu creato cardinale di Mantova, con il titulus di San Bernardo alle Terme, nel concistoro segreto del 12 giugno. Tre giorni dopo ricevette la promozione a patriarca di Venezia. La sede era rimasta vacante per un anno e mezzo dopo la morte del card. Domenico Agostini (patriarca dal 1877 al 1891), a causa della non disponibilità di vari vescovi, ma dovettero trascorrere ancora quindici mesi prima che il nuovo presule potesse prendervi possesso: il regio exequatur non giungeva a causa dell’opposizione di Francesco Crispi (1818-1901), che opponeva il diritto della nomina regia per il patriarcato di Venezia. Solo il 5 settembre 1894 il re firmò il decreto ed il 24 novembre 1894 monsignor Sarto poté insediarsi sulla cattedra di San Lorenzo Giustiniani. I veneziani lo accolsero bene, mentre gli amministratori, di tendenza liberal-democratica, chiusero per l’occasione il municipio.
Nel 1895 ebbero luogo a Venezia le elezioni comunali. Si affermò la Giunta Grimani ( al suo successo non fu forse estranea l’opera del neopatriarca), destinata a governare la città fino al dicembre 1919. Era espressa da un nucleo di cattolici e di moderati guidati dal conte Filippo Grimani (1850-1921) [7]. Costituì un’anticipazione di quella stagione del cattolicesimo italiano che, nel periodo giolittiano, portò all’attenuazione progressiva del non expedit di Pio IX (1868) e al Patto Gentiloni [8] (1913).
La scuola di catechesi (1895) e le visite pastorali del 1895-1898
Come primo atto del periodo veneziano, il nuovo patriarca volle istituire (17 gennaio 1895) una scuola per i catechisti. Per il seminario ed il clero approvò un’organizzazione disciplinare e scientifica adeguata ai tempi, rinnovò il collegio dei professori, riformò gli studi, fondò nel 1902 la facoltà di diritto canonico (la cui attività durò fino al 1932) per dare ai sacerdoti una conoscenza base dei problemi giuridici. Quest’ultimi dovevano partecipare ogni anno con lui ad un corso di esercizi spirituali, e avevano l’obbligo di essere presenti a conferenze di esegesi biblica, di storia e di archeologia cristiana.
Il patriarca si dimostrò molto attento alle condizioni di persone povere ed emarginate [9], dedicò molte ore a confessare, seguì da vicino la formazione cristiana delle nuove generazioni. Con la lettera pastorale del 1° maggio 1895 ribadì che il canto e la musica avevano lo scopo di essere “preghiera liturgica”. Le caratteristiche principali dovevano essere informate a santità del canto, bontà dell’arte, universalità contro le “maniere teatrali”. Indicò nel canto gregoriano, nella polifonia alla Palestrina [10] e nella preghiera cantata dal popolo le principali vie della riforma della musica sacra.
Il 21 maggio indisse la visita pastorale (che durò fino al 1898) e prese posizione contro quelle idee che insistevano a rivedere la dottrina cattolica alla luce di nuovi criteri ermeneutici.
Il Congresso Eucaristico (1897) e il Sinodo (1898)
Un evento nuovo (progettato a Venezia) fu costituito dal XIX Congresso Eucaristico (il quinto nazionale italiano). L’occasione fu fornita da una profanazione avvenuta nella chiesa dei Carmelitani Scalzi (Santa Maria di Nazaret). Il 6 aprile 1895 una mano sacrilega asportò una pisside disperdendo le particole per le calli. Con intento riparatorio mons. Sarto indisse un Congresso Eucaristico che fu celebrato due anni dopo, tra l’8 e il 12 agosto 1897. In tale contesto, la cronaca del patriarcato registra in questo periodo molte iniziative per incrementare la vita eucaristica, con esortazione ai parroci mirate ad ammettere a tale sacramento gli adolescenti, senza preoccuparsi troppo dell’età, purché fossero abbastanza coscienti delle loro azioni. Il 1° novembre 1897 mons. Sarto indisse il XXIX sinodo della Chiesa veneziana. L’assise si svolse dall’8 al 10 agosto del 1898, con lo scopo di renderla più aderente alle esigenze dei nuovi tempi. La preesistente normativa risaliva infatti al 1865 [11].
Il movimento cattolico
Con riferimento al movimento cattolico, in linea con gli orientamenti dei congressi di Lodi (1890) e di Vicenza (1891), il patriarca volle evidenziare il tema della fraternità (con i conseguenti doveri) e quello dell’intesa con i vescovi (applicazione delle direttive della gerarchia). Sulle diverse posizioni che emergevano in ambito politico mantenne una linea di vigilanza critica. La situazione, in quel momento, si presentava articolata. Da una parte, l’Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici (sorta nel 1874) spingeva il mondo cattolico verso una linea di intransigenza assoluta: rispetto del divieto pontificio contenuto nel non expedit, tutela dei diritti della Chiesa (fortemente ridimensionati dallo Stato dopo l’unificazione italiana), promozione delle opere caritative cristiane (dopo il loro scioglimento imposto dalla legislazione anti-ecclesiastica), coordinamento delle attività promosse dalle associazioni cattoliche. L’Opera dei Congressi era organizzata in modo gerarchico e accentrato, con sede centrale a Venezia e una struttura periferica articolata in comitati locali, regionali, diocesani e parrocchiali; convocava periodicamente i propri congressi nazionali, in cui si discutevano le questioni di maggiore rilevanza per il movimento cattolico.
Contemporaneamente allo sviluppo dell’Opera, si stava rafforzando la corrente di don Romolo Murri (1870-1944) [12], definita democratico-cristiana. Quest’ultima sosteneva una scelta dalle forti connotazioni politiche, cominciando a porre le basi dell’autonomia del laicato cattolico dalla gerarchia ecclesiastica in campo politico e statale. In un primo momento, i democratici-cristiani furono inseriti all’interno dell’Opera nel secondo gruppo (quello dell’Unione economico-sociale) ma nei confronti della dirigenza dell’Opera mantennero fin dall’inizio dei costanti rapporti conflittuali.
Questione sociale
Sulla questione sociale, il patriarca Sarto mostrò concretezza. Non elaborò grandi idee o teorizzazioni. Diede piuttosto impulso alla scuola del merletto di Burano (che dava lavoro a quattrocento ragazze) contribuendo a slargare gli spazi operativi delle donne; intervenne contro l’usura favorendo la costituzione di Casse Operaie parrocchiali, di Casse Rurali, e sostenendo la nascita del Banco di San Marco. Fu vicino alle Società di Mutuo Soccorso e incoraggiò il Segretariato del Popolo per l’assistenza agli operai e agli emigranti. Al secondo Congresso dell’Unione Cattolica degli studiosi di Scienze Sociali di Padova (26-28 agosto 1896) rivolse ai presenti un discorso pastorale ricordando che ogni sforzo umano doveva derivare da una vita di fede.
L’elezione a pontefice nel 1903
Alla morte di Leone XIII (20 luglio 1903), molti cardinali erano propensi a eleggere come nuovo Papa il segretario di Stato Rampolla. Successe però un imprevisto. Il cardinale Jan Puzyna (1842-1911), arcivescovo di Cracovia, comunicò (2 agosto 1903) che l’imperatore d’Austria-Ungheria Francesco Giuseppe I (1830-1916), aveva posto il veto all’elezione del Rampolla [13]. Quest’ultimo era ritenuto troppo vicino alla Francia, sostenitore dei cristiano-sociali operanti in Austria e in Ungheria, favorevole alle aspirazioni indipendentiste degli Slavi nei Balcani [14]. Pur registrando dissensi, il conclave decise comunque di piegarsi alla volontà dell’imperatore. A questo punto l’attenzione del collegio si orientò verso il patriarca di Venezia. Perché? Non aveva titoli universitari. Possedeva un cursus honorum solo pastorale. Non aveva mai lavorato presso la Santa Sede. Non proveniva dalla diplomazia vaticana. Aveva quindi dei limiti. Ma in quel momento la decisione collegiale fu di accordare fiducia a un porporato che era riuscito a operare dentro tre realtà diocesane difficili difendendo l’identità cattolica. Erano inoltre note le sue virtù personali.
Mons. Sarto fu eletto il 4 agosto e incoronato il 9. Aveva 68 anni. Scelse il nome di Pio X in onore dei suoi predecessori che avevano combattuto contro le sette e gli errori diffusi (Pio VI, Pio VII e Pio IX). Come motto del pontificato scelse: Instaurare [nel senso di ricondurre] omnia in Christo (rif. a Paolo di Tarso). Il suo programma fu reso noto attraverso l’enciclica E supremi apostolatus cathedra (4 ottobre 1903). Consapevole di essere sprovvisto di una formazione specialistica e di non avere esperienza nei rapporti internazionali, nominò segretario di Stato (novembre 1903) mons. Rafael Merry del Val y Zulueta (1865-1930), un esperto diplomatico vaticano [15]. Da quel momento, la diplomazia vaticana fu nelle sue mani.
I primi provvedimenti
La realizzazione del programma papale si concretizzò in tempi brevi. Con il motu proprio Tra le sollecitudini (22 novembre 1903) il Pontefice intervenne per una riforma della musica sacra. Al riguardo, conservano notevole attualità, tra l’altro, due punti:
“1. La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione e edificazione dei fedeli. Essa concorre ad accrescere il decoro e lo splendore delle cerimonie ecclesiastiche, e siccome suo officio principale è dì rivestire con acconcia melodia il testo liturgico che viene proposto all’intelligenza dei fedeli, così il suo proprio fine è di aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinché i fedeli con tale mezzo siano più facilmente eccitati alla devozione e meglio si dispongano ad accogliere in sé i frutti della grazia, che sono propri della celebrazione dei sacrosanti misteri.
2. La musica sacra deve per conseguenza possedere nel grado migliore le qualità che sono proprie della liturgia, e precisamente la santità e la bontà delle forme, onde sorge spontaneo l’altro suo carattere, che è l’universalità.
Deve essere santa, e quindi escludere ogni profanità, non solo in se medesima, ma anche nel modo onde viene proposta per parte degli esecutori.
Deve essere arte vera, non essendo possibile che altrimenti abbia sull’animo di chi l’ascolta quell’efficacia, che la Chiesa intende ottenere accogliendo nella sua liturgia l’arte dei suoni.
Ma dovrà insieme essere universale in questo senso, che pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle composizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria, queste però devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra, che nessuno di altra nazione all’udirle debba provarne impressione non buona” [16].
Il riordinamento dell’Azione Popolare Cristiana (1903)
Seguirono altri provvedimenti. Con il motu proprio Fin dalla prima (18 dicembre 1903) Pio X volle impostare la linea dell’Azione Popolare Cristiana (o Democratico Cristiana), tenendo conto del magistero di Leone XIII [17] e confermando le decisioni di Pio IX. Con la costituzione Commissum nobis (20 gennaio 1904) si condannò l’uso del veto in conclave. Con l’enciclica Ad diem illum (2 febbraio 1904) si ricordò il cinquantesimo anniversario della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. Con la Lettera Quum arcano (11 febbraio 1904) venne indetta la visita apostolica alla città di Roma. L’iniziativa fa concretizzata dal cardinale Pietro Respighi (1843-1913) [18]. Con il decreto Constat apud omnes (7 marzo 1904) fu adottata un’analoga iniziativa per la visita apostolica alle diocesi italiane.
Con l’enciclica Iucunda sane (12 marzo 1904) si fece memoria del XIII centenario della morte di san Gregorio Magno [19] e, dodici giorni dopo, con il motu proprio Arduum sane munus (19 marzo 1904) fu dato inizio ai lavori di preparazione del nuovo Codice di Diritto Canonico. Papa Sarto non vedrà però il risultato finale [20].
Lo scioglimento dell’Opera dei Congressi (1904)
Nel frattempo, una crisi interna all’Opera dei Congressi spinse il Papa ad assumere delle decisioni gravose. I democratici-cristiani, guidati dal già ricordato don Murri, sostenevano la necessità di preferire l’accordo tattico con i socialisti piuttosto che appoggiare i liberali. Da qui una frattura con la presidenza dell’Opera. A questo punto Pio X fu costretto a sciogliere l’organizzazione (28 luglio 1904) Mantenne operativa solo la IIa sezione permanente (“economia sociale”). Si creò, però, un vuoto operativo. Per tale motivo, il Pontefice dovette promulgare (11 giugno 1905) l’enciclica Il Fermo Proposito, con la quale impartì direttive al laicato cattolico. L’orientamento complessivo che si concretizzò in quel periodo fu il seguente:
1) ruolo-chiave dell’azione cattolica [21] doveva essere l’opera di formazione spirituale. Le iniziative già esistenti (politiche, sindacali, sociali) erano subordinate ad essa e soggette all’autorità dei vescovi;
2) al posto dell’Opera dei Congressi furono promosse tre organizzazioni distinte, dipendenti dalla gerarchia ecclesiale: l’Unione Popolare fra i Cattolici d’Italia; l’Unione Economica Sociale dei Cattolici Italiani (derivata direttamente dalla II Sezione permanente, che mantenne alla direzione Stanislao Medolago Albani [22]); l’Unione Elettorale Cattolica Italiana;
3) furono poi attenuate le restrizioni del Non expedit (divieto per i cattolici di partecipare alla vita politica) di Pio IX, per meglio fronteggiare le forze del movimento socialista. Nel testo dell’enciclica, Pio X elargì la “benigna concessione” di dispensare i cattolici da tale divieto, specie nei “casi particolari” in cui i fedeli riconoscevano “la stretta necessità pel bene delle anime e per la salvezza delle loro chiese”; e li invitò a perseguire la seria attività “già lodevolmente spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale alla vita amministrativa dei Comuni e dei Consigli provinciali”, in modo da favorire e promuovere “quelle istituzioni che si propongono di ben disciplinare le moltitudini contro l’invadenza predominante del socialismo”.
Le encicliche del 1905 e il catechismo
Nel 1905 fu emanata l’enciclica Acerbo nimis (15 aprile 1905) sull’insegnamento della dottrina cristiana. Per tale motivo vari fedeli cominciarono a chiamare Pio X “il Papa del catechismo“. Nel giugno dello stesso anno il Pontefice scrisse al suo Vicario di Roma, card. Respighi, presentando quello che verrà chiamato “il Catechismo di Pio X”. Ecco il testo della Lettera:
“Al Signor Cardinale Pietro Respighi Nostro Vicario Generale.
Signor Cardinale, La necessità di provvedere per quanto è possibile alla religiosa istituzione della tenera gioventù Ci ha consigliato la stampa di un Catechismo, che esponga in modo chiaro i rudimenti della santa fede, e quelle divine verità, alle quali deve informarsi la vita d’ogni cristiano. Pertanto fatti esaminare i molti libri di testo già in uso nelle Diocesi d’Italia, Ci parve opportuno di adottare con lievi ritocchi il testo da vari anni approvato dai Vescovi del Piemonte, della Liguria, della Lombardia, della Emilia e della Toscana. L’uso di questo testo sarà obbligatorio per l’insegnamento pubblico e privato nella Diocesi di Roma e in tutte le altre della Provincia Romana; e confidiamo che anche le altre Diocesi vorranno adottarlo per arrivare così a quel testo unico, almeno per tutta l’Italia, che è nell’universale desiderio. Con questa dolce speranza impartiamo di tutto cuore a Lei, Signor Cardinale, l’Apostolica Benedizione. Dal Vaticano, li 14 giugno 1905. Pius PP. X” [23].
Ma Papa Sarto rimane anche il Pontefice dell’Eucaristia: attraverso il decreto Sacra Tridentina Synodus (20 dicembre 1905), vennero date disposizioni riguardanti la comunione frequente e quotidiana.
Politica internazionale (1905-1906)
A livello internazionale era intanto scoppiata la “questione francese”. Dopo le vicende legate alle leggi votate in Francia contro la Chiesa (tra il 1880 ed il 1903) [24], e le controversie che avevano seguito la visita al Quirinale del presidente francese Émile Loubet (1838-1929), avvenuta nel 1904 [25], il parlamento francese aveva votato (9 dicembre 1905) la legge di separazione tra Stato e Chiesa. Il Concordato del 1801 fu abrogato a livello unilaterale. La risposta di Pio X non si fece attendere. Si concretizzò in due atti contro il governo francese: nell’enciclica Vehementer condannò la separazione della Chiesa dallo Stato in Francia (11 febbraio 1906), e nella Gravissimo officii munere condannò le leggi cultuali proposte dal governo francese (10 agosto 1906). Non furono questi gli unici documenti legati a controversie tra la Chiesa e gli Stati del tempo. In altri Paesi, come in Ecuador e (qualche anno dopo) in Portogallo [26], erano state emanate leggi ostili alla Chiesa. Davanti a tale realtà Pio X espresse il “suo dolore” con la Lettera Acre nefariumque bellum (14 maggio 1905) contro le normative votate nell’Ecuador, e con l’enciclica Jamdudum in Lusitania, contro le decisioni approvate in Portogallo (24 maggio 1911).
Seminari, clero, eucaristia (1906-1908)
A completamento di un’opera che si era sviluppata nell’arco di almeno tre decenni, si realizzò per impulso di Pio X una riforma dei seminar italiani. Fu reso obbligatorio (maggio 1907) un Programma generale degli studi, con indicazioni sui curricula per i seminari, che prevedevano tra l’altro l’adozione per il ginnasio e il liceo dei programmi governativi. Nel gennaio 1908 i programmi vennero integrati con le Norme per l’ordinamento educativo e disciplinare, un vero e proprio regolamento per la vita interna dei seminari. La riforma fu poi completata con la fondazione dei seminari regionali (o interdiocesani), luoghi di formazione in cui dovevano confluire i seminaristi provenienti da diocesi prive di seminari.
Sono poi da ricordare due interventi del Pontefice riguardanti il clero e l’Eucaristia. Con l’enciclica Pieni l’animo (28 luglio 1906), Pio X si rivolse all’episcopato italiano per ribadire i concetti già espressi con il precedente documento magisteriale Il Fermo Proposito. Nel testo sono inseriti punti che riguardano la disciplina e la formazione del clero. Con il decreto Post editum (7 dicembre 1906), Papa Sarto dette direttive sulla comunione ai malati non digiuni.
Il Modernismo
Dopo avere ribadito la posizione della Santa Sede nei confronti del governo francese con l’enciclica Une fois encore (6 gennaio 1907), Pio X volle affrontare una serie di correnti di pensiero che volevano – nelle intenzioni generali – avvicinare la Chiesa ai contributi offerti dal mondo moderno. In particolare, alcuni autori, partendo dall’obiettivo di rivedere la dottrina della Chiesa con i nuovi metodi della ricerca scientifica, erano arrivati a sottolineare alcuni punti critici per i quali ritenevano necessari interventi di riforma. Tra le affermazioni (sostenute con varie argomentazioni) si possono ricordare le seguenti:
- da un punto di vista scientifico e cognitivo non si hanno adeguati strumenti razionali per affermare o negare la realtà di Dio. Secondo Kant, autore molto studiato da vari contemporanei di Pio X, l’esistenza di Dio è richiesta dalla realizzazione del sommo bene, cioè dell’unione di virtù e felicità, che non si verifica per il gioco delle leggi naturali;
- la verità e i dogmi della Chiesa si evolvono con l’evoluzione dell’uomo stesso;
- è da negare la trascendenza di Dio rispetto al creato;
- esiste una mancanza di riferimenti alla divinità di Gesù Cristo (presente solo nella coscienza del credente) e a quella della Chiesa (derivata dall’esperienza collettiva);
- la coscienza del singolo vuole risolvere da sola i problemi della fede;
- la soggettività della verità e la relatività di tutte le sue formule possono portare a un tipo di gnosticismo latente, dove si aderisce a tutte le forme della verità attraverso un principio unico.
La reazione del Papa al Modernismo (1907) e il decreto Lamentabili
In realtà, gli autori che scrissero (o che intervennero in conferenze e lezioni) sui punti succitati, e su altre posizioni legate al rapporto scienza-fede, espressero una gamma di posizioni estremamente diverse. Si passò, in pratica, da semplici suggerimenti pastorali a critiche più decise (es. applicazione del metodo critico allo studio delle origini del Cristianesimo), fino ad arrivare ad aperte prese di distanza dalle posizioni della gerarchia cattolica. Da tale situazione si generò alla fine una non chiarezza di fondo, di incertezza, che ebbe come esito finale un disorientamento dei fedeli. Da qui la decisione di Pio X di intervenire con un atto del magistero. Papa Sarto utilizzò (in termini di riprovazione) l’espressione “Modernismo” come sintesi identificativa del movimento di pensiero in precedenza ricordato. Di conseguenza, “modernisti” divennero i vari innovatori. Con il decreto Lamentabili sane exitu (3 luglio 1907) furono condannate 65 proposizioni moderniste:
sull’esegesi (1-3), sul magistero (4-7), sulla censura ecclesiastica (8), sull’ispirazione della Sacra Scrittura (9-12), sull’artificiosità dei Vangeli (13-20), sulla mutazione della Rivelazione (21), sui dogmi presentati dalla Chiesa (22-26), sulla divinità di Gesù Cristo (27-30), sull’artificiosità della Tradizione patristica (31), sull’erranza della teologia (32), sulla inautenticità dei Vangeli (33), sulla precipua umanità di Cristo (34-35), sulla astoricità della Risurrezione (36-37), sulla devianza della dottrina paolina (38), sulla artificiosità dei Sacramenti (39-41), sulla artificiosità del Battesimo (42-43), sulla artificiosità della Confermazione (44), sulla artificiosità dell’Eucarestia (45), sull’artificiosità della Penitenza (46-47), sull’ artificiosità della Unzione (48), sull’infondatezza dell’Ordine (49-50), sull’infondatezza del Matrimonio (51), sull’invenzione della Chiesa (52-54), sul primato del Papa Vescovo di Roma (55-56), sulla evoluzione delle scienze naturali e teologiche (57), sulla evoluzione della Verità (58), sulla evoluzione della dottrina (59-61), sulla evoluzione del Credo (62), sulla supremazia del progresso umano sulla dottrina della Chiesa.
L’enciclica Pascendi (1907)
Con l’enciclica Pascendi dominici gregis (8 settembre 1907) fu riprovato il movimento modernista. Le condanne riguardarono le posizioni:
“sull’agnosticismo dei modernisti, sull’immanenza vitale dei modernisti, sulla coscienza religiosa dei modernisti, sulla storicità dei modernisti, sul sentimento religioso dei modernisti come base di ogni religione, sulla elaborazione intellettuale dei modernisti come fondamento della Fede, sulla connotazione precipuamente umana dei dogmi sostenuta dai modernisti, sulla mutabilità dei dogmi sostenuta dai modernisti, sulla Fede intesa dai modernisti come esperienza religiosa, sul sentimento religioso e sull’esperienza religiosa intese dai modernisti come fondanti ogni religione, sull’equivalenza delle religioni derivante dalle convinzioni moderniste, sull’identificazione dei modernisti tra Verità e vita vissuta, sulla mutua separazione tra Fede e scienza che per i modernisti non sono in opposizione anche quanto dissentono tra loro, sulla primazia della scienza in ordine alla comprensione della Fede che per i modernisti è umanamente soggetta alla ricerca scientifica, sulla critica alla Chiesa che per i modernisti non vuole adattare i suoi dogmi all’evoluzione del pensiero umano, sulla strumentalità delle formule di Fede che per i modernisti vanno soggette all’utilità umana, sulla evoluzione degli articoli di Fede e dei Sacramenti che per i modernisti sono soggetti all’esperienza vitale dell’uomo, sull’immanenza della Fede e del culto che per i modernisti mutano nel tempo e nello spazio, sulla dipendenza dell’ispirazione divina dall’esperienza religiosa che per i modernisti è formativa dei Libri sacri, degli articoli di Fede e del culto, sull’autorità e sul magistero della Chiesa che per i modernisti hanno fondamento nell’umana collettività e nella sua coscienza religiosa, sulla mutua separazione tra Chiesa e Stato che per i modernisti è tutt’uno con la separazione tra essere credenti ed essere cittadini, sulla primazia della conduzione umana dell’esistenza che per i modernisti è fondamento dell’ autorità e del magistero della Chiesa, sulla primazia dell’evoluzione che per i modernisti regge anche la Rivelazione e la Religione, sulla Religione intesa dai modernisti come derivante dai mutevoli bisogni dell’uomo, sull’inevitabile mutabilità della Chiesa e dei suoi insegnamenti che secondo i modernisti dipendono dalla coscienza collettiva e dall’evoluzione umana, sull’immanenza vitale che per i modernisti regge la ricerca storica, filosofica e teologica, sulla inevitabilità che la ricerca dei modernisti sia di fatto una ricerca aprioristica, sulla erranza della ricerca moderna storica e filologica, sulla erranza della esegesi moderna dei testi scritturali, sulla erranza dei moderni apologisti che sono anch’essi figli del razionalismo, sulla erranza dei moderni apologisti che sono anch’essi convinti dell’immanenza della Religione, sulla smania di innovazione che pervade la mente dei modernisti, sulla condanna di coloro che vorrebbero introdurre nei seminari gli insegnamenti modernisti che sottomettono la teologia alla filosofia, sulle cause morali che generano il modernismo: aberrazione dell’intelletto, curiosità e superbia, sulle cause intellettuali che generano il modernismo: ignoranza, smania di novità, sull’obbligo che a fondamento degli studi sacri si ponga la filosofia scolastica, sulla esclusione dei modernisti dall’insegnamento e dall’ordinazione, sul bando degli scritti segnati da modernismo, sulla proibizione dei congressi per sacerdoti tranne che non si trattino materie pertinenti, sull’istituzione del Consiglio di vigilanza diocesano per contrastare il modernismo.”
Si arrivò alla fine anche a prevedere un giuramento antimodernista (motu proprio Sacrorum antistitum, del 1° settembre 1910).
Alcune sottolineature
A ben vedere, la condanna del Modernismo non riguardò l’esegesi scientifica in quanto tale, ma la dichiarata opposizione, professata da taluni autori modernisti, tra la fede e la storia, tra l’esegesi teologica e l’esegesi scientifica. Tale opposizione continua a proporsi ancora oggi come una questione aperta. Non si spiegherebbe altrimenti perché, cento anni dopo, Benedetto XVI (Pontefice dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013) abbia dedicato la premessa del suo libro su Gesù di Nazareth [27] proprio a ricordare il valore e i limiti del metodo storico-critico, insistendo sulla necessità di un’esegesi scientifica illuminata dalla fede.
Occorre anche ricordare che una seconda questione riguardò la Rivelazione divina. Vari autori modernisti identificavano tale Rivelazione in un’esperienza puramente interiore, nel sentimento religioso o mistico. L’enciclica Pascendi ribadì invece che la Rivelazione viene da Dio: è Dio che parla all’essere umano. E con maggiore energia il Concilio Vaticano II (1962-1965), nella costituzione Dei Verbum [28], sottolineò che tale comunicazione si identifica nella Persona di Gesù Cristo. Tale apparente ovvietà non è affatto scontata nell’attuale periodo. La sensibilità della cultura (anche religiosa) tende ad equiparare le religioni esistenti, ponendole sullo stesso piano. Non riappare forse l’idea che la religione, ogni religione (quindi anche il Cristianesimo), non sia altro che il prodotto dello spirito umano? Che la cosiddetta ‘rivelazione’ non sia altro che una generica e inesprimibile esperienza del trascendente, esclusivamente frutto del sentimento religioso?
I fondamenti della fede cattolica
Alla luce di questi punti si può comprendere l’importanza dei temi toccati dall’enciclica Pascendi. Essa affronta i fondamenti della fede cattolica, in un momento storico nel quale apparivano messi seriamente in discussione. Va certamente detto che i problemi sollevati dagli autori accusati di modernismo erano problemi reali: il rapporto tra fede e storia, e quello tra fede e scienza; la relazione tra coscienza umana e Rivelazione di Dio; il rapporto tra il linguaggio umano del dogma e la verità soprannaturale che esso esprime; il senso di un’autorità nella Chiesa… Ma va anche affermato che molte delle soluzioni che venivano prospettate non erano compatibili con la fede cattolica. Da qui la necessità di un intervento del magistero.
Si può anche aggiungere che il magistero del tempo non disponeva di una teologia adeguata per affrontare le questioni che la nuova cultura moderna suscitava. In questo senso l’intenzione dell’enciclica non fu quella di risolvere tutti i problemi in questione, ma quella di ribadire l’identità e l’integralità della fede cattolica, riassegnando alla teologia il compito di ripensare le tematiche in questione.
Un frutto di questa rinnovata riflessione possiamo riconoscerlo nel Concilio Vaticano II, senza però pensare che gli interrogativi emersi nel periodo “modernista” abbiano trovato definitiva soluzione. Essi rimangono, in parte, ancora attuali e richiedono un’ulteriore riflessione. Si tratterà però, alla luce dell’insegnamento della Pascendi, di un impegno che dovrà compiersi nel rispetto dell’identità della Fede e della Tradizione di quel Popolo di Dio che è la Chiesa.
Il ruolo dei collaboratori di Pio X
Nell’applicazione del magistero pontificio anti-modernista alcuni ecclesiastici, in più Chiese locali, si distinsero per un’animosità che ebbe per risultato durezza di metodi, assenza di comprensione dell’altro, provvedimenti disciplinari, sofferenza interiore di molte persone, malessere generale nella Chiesa. Emerse uno spirito da crociata. Tra queste persone ci fu monsignor Umberto Benigni (1862-1934). Questi, arrivò a dirigere (fuori dal Vaticano) un organismo, il Sodalitium pianum (in memoria del Papa inquisitore san Pio V), per individuare le situazioni irregolari e sanzionarle. Ma chi era Benigni? Nato a Perugia, divenne sacerdote nel 1884. L’anno successivo ebbe l’incarico di insegnare storia della Chiesa. Nel frattempo, si dedicò anche al giornalismo arrivando (1893) ad essere caporedattore del quotidiano L’Eco d’Italia (Genova) Nel 1895, per dissensi con l’arcivescovo di Genova, si trasferì a Roma. Fu assistente nella sezione di ricerca storica della Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel 1900 incominciò la collaborazione al giornale La Voce della Verità, di cui divenne direttore (1901). Nello stesso anno ricevette la nomina a professore di storia della Chiesa presso il seminario romano e l’ateneo Sant’Apollinare.
Nel 1902 ottenne un incarico nella Curia romana, e nel 1906 fu promosso sottosegretario della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, guidata dal cardinale segretario di Stato. Benigni si rivelò valido nei rapporti con la stampa. Nel 1907 iniziò la pubblicazione di un bollettino d’informazione quotidiana, La Corrispondenza di Roma [29]. Questa attività lo rese noto e influente in più nazioni.
La posizione ricoperta presso la Santa Sede consentì al Benigni di tessere una rete di collegamenti, caratterizzata da segretezza, con più interlocutori. Quest’ultimi, nella lotta al Modernismo inserirono pure motivazioni politiche e personali, come risulta da indagini archivistiche. Per tale motivo, gli attuali studi storici (estesi in più Chiese locali) tendono a focalizzare l’azione del Benigni in un’area di movimento di cui Papa Sarto risulta parzialmente a conoscenza. Il Pontefice, in particolare, non ebbe difficoltà a benedire la difesa dell’ortodossia e le azioni a tutela della dottrina cattolica. Ma, contemporaneamente, data anche l’ora storica (il Capo della Chiesa non usciva dal Vaticano), rimase destinatario di un’informativa non sempre esplicita in tutti i suoi dettagli. In tempi successivi il Benigni venne progressivamente emarginato con una manovra che si concluse con Benedetto XV.
Ulteriori decisioni pontificie
Con riferimento agli anni di pontificato di Pio X sono ancora da ricordare ulteriori aspetti non marginali. Papa Sarto, infatti, istituì una commissione per promuovere gli studi biblici. Volle realizzare una revisione e correzione del testo della Vulgata (la versione latina della Bibbia) [30]. Incoraggiò la lettura quotidiana della Sacra Scrittura. Fondò a Roma l’Istituto Biblico (enciclica Vinea electa, 7 maggio 1909) [31]. Riformò all’interno della Curia romana i tribunali, gli uffici, le congregazioni [32] (costituzione apostolica Sapienti consilio, 29 giugno 1908). Volle migliorare il testo del Breviario (costituzione apostolica Divino afflatu, 1 novembre 1911). Pubblicò decreti sulla musica sacra. Il canto profano fu vietato nelle celebrazioni eucaristiche. Con l’enciclica del 1905, Acerbo nimis, si stabilirono le linee-guida per l’insegnamento della dottrina cristiana. Con il documento Communium rerum (1909) furono definiti gli obblighi dei vescovi. Di oggettivo interesse anche due documenti: la Lettera Quidquid consilii sull’unione delle Chiese orientali (8 luglio 1908), e la Lettera apostolica ai vescovi d’oriente sull’unione delle Chiese del 26 dicembre 1910, che sottolinea uno degli aspetti ecumenici più interessanti del pontificato di Pio X.
Le opere di carità
Giuseppe Sarto, già nei decenni precedenti alla sua elezione papale, si era fatto notare per lo stile dimesso e per il sostegno a opere di carità. Divenuto Pio X, accentuò gli interventi di merito. Denunciò ad esempio il brutale trattamento che subivano gli indigeni sfruttati nelle piantagioni di gomma del Perù (enciclica Lacrimabili statu, 7 giugno 1912); incoraggiò le missioni tra gli indios dell’America Latina; inviò aiuti ai terremotati di Messina (1908), e fece ricoverare a sue spese i feriti dell’evento sismico nell’ospedale romano Santa Marta. Al riguardo, è interessante rileggere la testimonianza del suo segretario di Stato [33]:
“Alla fine di ogni anno, mai più tardi – per quanto ricordo – della festa dell’Epifania, il Santo Padre aveva a cuore di regolare il suo registro privato dei conti, che mi mostrava in tale occasione con manifesta compiacenza.
‘Presentiamo il bilancio al segretario di Stato per il controllo’, Soleva dirmi con un sorriso di soddisfazione.
Egli teneva un libro-mastro della dimensione di un grosso quaderno, in cui registrava nelle pagine a destra e a sinistra, giorno per giorno, ciascuna somma ricevuta, grande o piccola. Le elemosine di Messe che riceveva da tutte le parti del mondo le annotava in un libro speciale; in questo era particolarmente scrupoloso e molto spesso lo udivo fare questa riflessione: – Non voglio andare in Purgatorio per trascuratezza nell’amministrazione delle Messe.
Tutte le altre somme in suo possesso le riportava nel libro-mastro e alla chiusura dell’anno detraeva attentamente dal totale delle offerte libere a sua disposizione le somme che dai donatori venivano destinate a scopi speciali. Nulla poteva indurlo a differire o a modificare l’uso delle offerte particolari. Riprovava severamente il metodo troppo facilmente adottato da certi fiduciari nell’impiegare denaro, offerto per uno scopo definito, per provvedere a qualche altra urgente necessità o per venire in soccorso di opere ben diverse da quelle volute dagli offerenti con il pretesto che i fondi temporaneamente elargiti possono più tardi essere rimpiazzati senza danno per gli scopi determinati.
Ricordo che dopo il terribile terremoto di Messina e di Calabria (1908), quando ingenti somme furono donate al Santo Padre per ricostruire chiese e scuole e per soccorrere le infelici vittime di quella grande catastrofe, alcune persone lo pregarono di voler concedere una parte dei fondi di Messina per qualche altra opera, più o meno in relazione con la Sicilia e la Calabria. Il Santo Padre respinse energicamente queste domande, dicendo: ‘Neppure un centesimo di quanto i fedeli mi hanno dato per le vittime del terremoto potrà essere speso per qualsiasi altro scopo, per quanto meritevole di interessamento. Essi hanno avuto fiducia in me e io sono responsabile verso di loro’.
E questi fondi ammontanti a più di sei milioni di franchi, furono amministrati da lui personalmente. Il rendiconto, pubblicato sulla stampa nella relazione della sua opera in Calabria e in Sicilia, fu tutto lavoro suo personale.
(…) Pio X non discuteva su ciò che dava in elemosina. Egli dava incessantemente, dava tutto ciò che possedeva, mentre nei suoi riguardi personali usava la più stretta economia.
(…) Era molto difficile ottenere da lui il permesso di fare qualche spesa a suo vantaggio personale, anche in circostanze che si riferivano alla sua salute” [34].
Lo scoppio della Prima guerra mondiale e la morte di Pio X
Il 28 giugno del 1914 fu assassinato a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este (1863-1914). Era erede al trono austro-ungarico. A seguito di tale crimine, il 28 luglio del 1914 l’impero austro-ungarico dichiarò guerra al regno di Serbia. Era l’inizio della prima guerra mondiale (1914-1918). Il 2 agosto dello stesso anno Papa Sarto inviò l’esortazione Dum Europa alla Chiesa universale per implorare la cessazione del conflitto appena scoppiato. Ormai, però, si era innestato un processo involutivo inarrestabile. Per la Santa Sede fu impossibile fermare “l’inutile strage”. L’8 agosto, mentre cominciavano ad arrivare in Vaticano i primi rapporti sulle vicende belliche, Pio X avvertì i primi sintomi del male, ma fino al 15 continuò a celebrare l’Eucaristia e a concedere udienze. Aggravatosi notevolmente il 19, ricevette il viatico e l’Olio degli infermi. Spirò all’una mattutina del 20 agosto 1914, nell’ottantesimo anno e dopo undici di pontificato.
La fama di santità
Già negli anni della vita terrena di Pio X un numero significativo di fedeli manifestò una particolare devozione verso questo Papa. Lo stesso san Luigi Guanella (1842-1915) non poteva dimenticare le numerose udienze che Papa Sarto gli aveva concesso, e le iniziative realizzate d’intesa con il Pontefice: ad esempio, la “Casa San Pio X” (1904, Roma) per accogliere le suore che assistevano donne disabili, la costruzione della basilica di San Giuseppe al Trionfale inaugurata il 19 marzo 1912. È in tale contesto che Pio X volle essere iscritto alla Pia Unione del Transito di San Giuseppe (per la vicinanza spirituale a tutti i moribondi). Don Guanella lo inserì al numero 1 dell’elenco dei membri.
Ma anche san Luigi Orione non fu da meno. Si conservano ancora gli appunti di una conferenza su Pio X che tenne in Argentina (22 giugno del 1936) [35]. È un testo ove si evidenziano le qualità spirituali di Papa Sarto. I biografi, poi, non dimenticarono anche le riflessioni di Pio X sulla santità in occasione della pubblicazione dei decreti sulle virtù eroiche di Giovanna d’Arco, Giovanni Eudes, Francesco de Capillas, Giovanni Teofano Vénard e Compagni (13 dicembre 1908). Dopo la morte del Papa vennero divulgati diversi testi ove, oltre a una serie di aneddoti significativi, si riportavano testimonianze riguardante la sua vita di carità. Vennero trascritte anche delle grazie ricevute dopo preghiere al Pontefice defunto. Sulla base di questa fama di santità, il 14 febbraio 1923, 28 cardinali domandarono a Pio XI (Pontefice dal 1922 al 1939) la glorificazione di Pio X ed incaricarono come postulatore della causa don Benedetto Pierami dei Benedettini Vallombrosani, abate di Santa Prassede. Fu l’inizio del processo di canonizzazione. Papa Sarto fu beatificato da Pio XII nel 1951. Il medesimo Pontefice lo proclamò santo nel 1954. In Pio X, Pacelli ammirò le virtù personali, l’amore per i fanciulli, e il magistero sulla Chiesa, sulla dottrina cattolica e sul ministero petrino.
Per saperne di più
AA.VV., Episcopato e società tra Leone XIII e Pio X. Direttive romane ed esperienze locali in Emilia Romagna e Veneto, a cura di D. Menozzi – Il Mulino, Bologna 2000.
AA.VV., L’eredità giuridica di San Pio X, a cura di A. Cattaneo – Marcianum Press, Venezia 2006.
AA.VV., La Chiesa negli Stati moderni e i movimenti sociali 1878-1914 - Jaca Book, Milano 1993.
AA.VV., Pio X e il suo tempo, a cura di G. La Bella – Il Mulino, Bologna 2003.
AA.VV., Sulle orme di Pio X. Giuseppe Sarto (1835-1914) dal microcosmo veneto alla dimensione universale - Comune di Salzano, Salzano 1986.
Acta Apostolicae Sedis, quattro volumi – Roma 1909-1914.
Acta Pii X, quattro volumi – Roma 1903-1908.
Enchiridion delle encicliche. Ediz. bilingue. Vol. 4: Pio X, Benedetto XV (1903-1922) – EDB, Bologna 19982.
Pio X, Pascendi dominici gregis. Sugli errori del modernismo - Cantagalli, Siena 2007.
Romanato G., Pio X: la vita di papa Sarto - Rusconi, Milano 1992.
Sanguinetti O., Pio X. Un pontefice santo alle soglie del “secolo breve” – SugarCo, Milano 2014.
[1] Fondatore delle Suore Dorotee. Mons. Farina fu poi trasferito a Vicenza nel 1861.
[2] Di tale metodologia rimangono oggi due quaderni manoscritti che contengono 577 domande e risposte.
[3] Don Allegri fu parroco di Salzano dal 28 aprile 1791 al 24 ottobre 1825.
[4] Stimò sempre l’opera salesiana, come testimonia una lettera che da patriarca di Venezia scrisse al successore di don Bosco, don Rua, il 12 agosto 1896. E come testimonia il fatto che fu proprio Pio X a firmare il 23 luglio 1907 il decreto d’introduzione del processo apostolico di don Bosco, e il 10 febbraio 1914 quello di Domenico Savio. Nel 1908 nominò l’arcivescovo salesiano Cagliero, delegato apostolico nel centro America.
[5] Il primo rinunciò all’episcopato mantovano ed il secondo fu “promosso” alla sede di Udine.
[6] R. Salvadori, La boje! Processo dei contadini mantovani alla Corte d’Assise di Venezia, Edizioni Avanti!, Milano, 1962. V. Tomasin, La boje in Polesine. Documenti 1884-’85, Amministrazione Provinciale di Rovigo, Rovigo 1985.
[7] Il conte Grimani rimase sindaco di Venezia fino al 1919.
[8] Accordo stipulato tra i liberali di Giovanni Giolitti (1842-1928) e l’Unione Elettorale Cattolica Italiana (U.E.C.I.), presieduta da Vincenzo Ottorino Gentiloni (1865-1916), in vista delle elezioni politiche del 1913. L’intesa segnò l’ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica italiana.
[9] Su questo punto si rimanda a: S. Tramontin, Santi e beati vissuti a Venezia, “Biblioteca Agiografica Veneziana 5″, Studium Cattolico Veneziano, Venezia 1971, pp. 169-186.
[10] Il riferimento è al compositore Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594).
[11] Fu promulgata dal card. Giuseppe Trevisanato, patriarca dal 1862 al 1877.
[12] Su questo sacerdote si rimanda a: M. Guasco, Romolo Murri, in: F. Traniello-G. Campanini (a cura di), “Dizionario storico del movimento cattolico in Italia”, volume secondo: “I protagonisti”, Marietti, Casale Monferrato 1982, pp. 414-422.
[13] Usando un privilegio concesso ai sovrani che regnavano su imperi cattolici.
[14] Gli storici pensano anche ad altri motivi. Il Rampolla quale segretario di Stato avrebbe cercato di influenzare Leone XIII a negare una sepoltura cristiana all’arciduca Rodolfo d’Asburgo-Lorena, suicidatosi durante i cosiddetti Fatti di Mayerling.
[15] Rafael Merry del Val (oggi Servo di Dio), nato a Londra da famiglia spagnola, fu poliglotta e direttore della Pontificia accademia ecclesiastica. Cfr. A. Zambarbieri, Merry del Val, Rafael, Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, Roma 2009, volume 73.
[16] Motu Proprio Tra le sollecitudini del Sommo Pontefice Pio X sulla musica sacra. 23 novembre 1903. Cfr. “Istruzione sulla musica sacra”, I. Principii generali, 1.2..
[17] Encicliche: Quod Apostolici muneris, Rerum novarum, Graves de communi.
[18] Cardinale Vicario per la diocesi di Roma.
[19] Il suo pontificato fu dal 590 al 604.
[20] Il nuovo Codice verrà presentato alla Chiesa dal suo successore, Benedetto XV, il 25 maggio 1917, giorno di Pentecoste.
[21] D. Veneruso, L’Azione Cattolica Italiana durante i pontificati di Pio X e di Benedetto XV , AVE, Roma 1984.
[22] Il conte Stanislao Medolago Albani (1851-1921) fu uno dei più importanti dirigenti del movimento sociale cattolico.
[23] Papa Pio X, Catechismo Maggiore, Edizioni Ares, Milano 2006, pp. 9-10.
[24] I provvedimenti antireligiosi mirarono a neutralizzare le congregazioni religiose, a ordinare l’espulsione dei religiosi regolari: insegnanti, personale infermieristico et al..
[25] Era la prima volta che un capo di Stato cattolico visitava la città dopo l’occupazione militare di Roma da parte dell’esercito italiano (1970).
[26] In Portogallo si vietò l’uso degli abiti religiosi, furono chiusi i seminari e confiscati i beni, fu soppressa la facoltà teologica di Coimbra e incarcerati non pochi sacerdoti.
[27] Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, “Premessa”.
[28] Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”. 18 novembre 1965.
[29] La Corrispondenza di Roma dal 1909 al 1912 s’intitolò La Correspondance de Rome, e nel 1913-1914 Cahiers de Rome.
[30] Il lavoro fu affidato ai padri Benedettini.
[31] Affidato ai religiosi della Compagnia di Gesù.
[32] Le Congregazioni romane da venti vennero ridotte a undici. Tra queste si ricordano: la Congregazione Concistoriale, incaricata della nomina dei vescovi e del governo delle diocesi, e la Congregazione del Concilio, che si occupava della disciplina del clero e dei fedeli. La Congregazione “de Propaganda Fide” ebbe la responsabilità per i territori di missione, mentre fu istituita una nuova Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, chiamata a realizzare i programmi pastorali del Papa.
[33] Su questo punto cfr. anche: P. Cenci, Il Cardinale Raffaele Merry del Val, L.I.C.E., Roma-Torino1933, Tipografia Poliglotta Vaticana, pp. 234-235.
[34] Cit. Merry del Val, San Pio X, un santo che ho conosciuto da vicino, Ed. Fede & Cultura, Verona 2012, pp. 50-52.
[35] A. Fusi-F. Peloso, La “Pascendi”, don Orione e il modernismo, in “Don Orione oggi”, ottobre 2007.