QUANDO L’OPUS DEI DIALOGAVA CON FRANCO
di Pier Luigi Guiducci -
Le vicende della guerra civile spagnola svolsero un ruolo importante sul vissuto e sul pensiero di Escrivá de Balaguer. I successivi rapporti con il franchismo si inquadrano in una logica di “difesa” dagli attacchi del comunismo ateo, del neo-positivismo e di correnti e prassi cattoliche eterodosse.
Nel 1928 un sacerdote spagnolo dell’Aragona, Josemaría Julián Mariano Escrivá de Balaguer (Barbastro 1902- Roma 1975), comincia a ‘intravedere’ la possibilità di percorrere una strada apostolica (che si svilupperà in seguito) caratterizzata da alcuni orientamenti. Tra questi assume un significato primario la ricerca della santità e dell’apostolato attraverso il lavoro professionale e la vita ordinaria.[1] Arriverà alla fine a fondare un’Istituzione (oggi Prelatura Personale) che chiamerà Opus Dei, Opera di Dio (termine presente nella Regola di san Benedetto). Monsignor Escrivá verrà proclamato beato nel 1992, e santo nel 2002.
Gli studi storici
Dopo la morte del fondatore, gli studi su monsignor Escrivá e quelli riguardanti la sua Opera sono stati numerosi. Una parte di autori ha mostrato favore verso l’Istituzione, mentre un altro gruppo di ricercatori non ha esitato ad annotare valutazioni critiche o apertamente negative. Allo stato attuale la ricerca storica è in fase di continuo sviluppo. Nuove monografie hanno utilizzato i documenti pubblicati dall’Istituto Storico dell’Opus Dei e da altri Organismi. Contemporaneamente, specie per iniziativa di ex numerari (persone già inserite nella Prelatura con impegno di povertà, castità e obbedienza), sono state divulgate molteplici testimonianze di soggetti usciti dall’Opus Dei e duramente critici verso quest’ultima.
Il confronto tra studiosi
In linea generale diversi storici sono dell’opinione che le attuali biografie di Josemaría Escrivá de Balaguer[2] non descrivano sempre in modo completo (e documentato) aspetti della vita e del tempo del fondatore dell’Opus Dei. Nei commenti più critici si arriva ad affermare che molti testi divulgati in questi anni non riportino esattamente fatti e affermazioni del fondatore. In pratica si fa capire (ma qualcuno lo ha anche detto in modo esplicito) che c’è stato un lavoro di revisione dei documenti originari e di nascondimento di quelli che avrebbero potuto generare dibattiti e polemiche. La stessa Positio, utilizzata per la canonizzazione di Escrivá, sembrerebbe non aver accolto parte dei documenti esistenti (quelli più critici). In tale contesto, lo sguardo dello storico si è più volte posato sugli anni della guerra civile spagnola (luglio 1936 – aprile 1939) e in quelli successivi. Si tratta di una fase temporale significativa perché include anni di tragedie, il periodo della seconda guerra mondiale e il rafforzamento del potere del Caudillo Francisco Paulino Hermenegildo Franco y Bahamonde (Francisco Franco; 1892-1975).
La guerra civile spagnola (1936-1939)
Resterebbe parziale sul piano storico ripercorrere i passi iniziali del fondatore dell’Opus Dei a prescindere dai fatti bellici che sconvolsero la Spagna nel periodo: luglio 1936 – aprile 1939. Certamente le vicende della guerra civile riversarono un influsso non debole sul vissuto e sul pensiero del sacerdote Escrivá de Balaguer (34 anni). Il suo accentuato anticomunismo trova qui le sue radici. Durante gli anni del conflitto si verificarono tragedie causate sia dai repubblicani che dai nazionalisti (franchisti). Drammi e orrori si riscontrano in entrambi i fronti. Durante gli scontri armati si realizzarono anche dei sistemi di alleanza. Mentre sul fronte franchista arrivarono aiuti dall’Italia e dalla Germania, su quello repubblicano i supporti furono offerti dalle diverse espressioni delle forze di sinistra di più Paesi e dagli anarchici. A tale situazione si aggiunse anche un conflitto nel conflitto. Infatti, la possibilità di uno scontro armato spinse chi avversava la Chiesa (soprattutto anarchici) a organizzare rastrellamenti, violenze, torture ed esecuzioni sommarie. Furono eliminati vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. A tutt’oggi esistono foto che mostrano non solo fucilazioni e atti di profanazione di chiese e di altri luoghi di culto, ma anche delle scelte macabre (scheletri di suore riesumati e lasciati in vista su pubbliche vie).
Gli anni del confronto armato
Nell’acuirsi della guerra civile Escrivá de Balaguer fu costretto a nascondersi (era ricercato) per non essere catturato dai membri del Fronte Popolare. Utilizzò abitazioni, un centro psichiatrico e poi una sede protetta da immunità diplomatica. In questo periodo scrisse a più interlocutori. Preparò anche un testo dal titolo Considerazioni spirituali. Fu pubblicato per la prima volta nel 1934 (in seguito il titolo sarà mutato in Cammino avendo per riferimento l’opera di santa Teresa d’Ávila[3] Cammino di perfezione). In tale lavoro, oltre a pensieri religiosi, si avverte pure la tensione di ore angosciose, l’eco di drammi, la necessità di difendere delle precise posizioni. In uno dei rari incisi autobiografici del libro, l’Autore rievoca i momenti di “nobile e gioioso cameratismo” con gli ufficiali franchisti, durante i quali aveva ascoltato la canzone di un “giovane tenente dai baffi bruni” che recitava questa preghiera: “Di cuori condivisi / io non ne voglio; / e se do il mio / lo do intero” (massima 145).
Cammino riflette il fervore franchista dell’epoca (“La guerra è il più grande ostacolo rizzato sulla via facile. E tuttavia dovremo amarla come il religioso ama le sue discipline [flagelli, ndr]” – 311), ed esplicita il sostegno al ‘Caudillo’ Francisco Franco (“Lasciarti andare? Tu?… Faresti dunque parte del gregge? Mentre sei nato per essere caudillo!” – 16; “Dei caudillos! … Virilizza la tua volontà perché Dio faccia di te un caudillo” – 833).
Grazie al “fervore patriottico” (905) nella lotta contro lo “spirito voltairiano in parrucca incipriata o i liberalismi sorpassati del XIX secolo” (849) “la Spagna ritornerà all’antica grandezza dei suoi santi, dei suoi saggi e dei suoi eroi” (rif. all’introduzione datata 19 marzo 1939).
Nel 1937 Escrivá, insieme ad altre persone, fugge da Madrid. Il gruppo attraversa i Pirenei. Raggiunge Andorra. Arriva alla fine a Burgos (8 gennaio 1938). In questa località è presente il generale Francisco Franco con il comando militare.
Francisco Franco ‘Generalissimo’
Franco, dal 2 ottobre 1936, aveva trasformato la Junta de Defensa Nacional in Junta Técnica del Estado (sede a Burgos). Quest’ultima svolgeva compiti di governo. Fu suddivisa in sezioni per materia (commissioni), mentre Franco mantenne la carica di Capo dello Stato. Al vertice della Giunta venne posto Fidel Dávila Arrondo (in seguito Francisco Gómez-Jordana Sousa). Segretario generale fu nominato il fratello di Franco, Nicolás Franco Bahamonde. L’organismo era composto da dodici membri, militari e civili (all’agricoltura, al lavoro, all’industria). Sovrintendeva una Secretaría General del Jefe del Estado. Il 29 settembre 1937, a Salamanca, Franco fu dichiarato dalla Giunta Generalísimo de los ejércitos de Tierra, Mar y Aire e Capo dello Stato. Il 31 gennaio 1938 fu costituito il primo Governo presieduto da Franco con undici ministeri (di cui tre affidati a militari) e la Giunta cessò di essere operativa.
La posizione verso il franchismo (gennaio 1938)
In tale contesto Escrivá e i suoi, una volta a Burgos, vissero nel clima generale di ferma opposizione al fronte avversario. Con gesti non eclatanti ma significativi, i membri dell’Opera interagirono con quanti sostenevano i nazionalisti.[4] Lo stesso fondatore dell’Opus Dei ebbe la possibilità di conoscere più in dettaglio l’orientamento franchista, di parlare con quanti operavano seguendo le direttive della Giunta. Incontrò ecclesiastici, persone del mondo accademico e professionisti impegnati in più ambiti sociali. Il suo dinamismo era noto. Tale fatto ha una conferma: quando, con la vittoria dei nazionalisti, si formò nel marzo del 1939 una prima colonna di truppe franchiste che doveva raggiungere Madrid, Escrivá senza alcun problema venne accolto in questa formazione.
Per il giovane prete aragonese il Caudillo e il suo partito (la Falange Española Tradicionalista) costituivano dei fattori capaci di arrestare e di respingere i movimenti ideologici collegati alla Russia (considerata la centrale del male), e di sostenere la Chiesa e le sue opere. Tale posizione rispecchiava l’ampio consenso che Franco riscuoteva nel mondo cattolico del tempo.
Nel 1938 Escrivá volle raggiungere diverse località: Cordoba, Saragozza, Santiago, Vitoria (incontro con il vescovo), Bilbao, Valencia, Valladolid, Ávila, León e Astorga. A Salamanca vide pure Maria Josefa Segovia Morón (venerabile; 1891-1957). Questa donna sostenne il padre Pedro Poveda Castroverde (santo; 1874-1936)[5] nella fondazione dell’Istituzione Teresiana.
Al riguardo, vari storici si pongono alcune domande. Quale fu il motivo di questi viaggi? Escrivá chi voleva incontrare? Che tipo di permesso o salvacondotto ricevette per compiere una serie di spostamenti in tempo di guerra? Le sue iniziative avevano anche una veste ufficiale? In tal caso, chi aveva deciso in merito? Esistevano collegamenti con l’esercito?
Attualmente, la ricerca storica sembra propendere per due interpretazioni. Il fondatore dell’Opus Dei volle incontrare esponenti di più diocesi per parlare del proprio disegno apostolico. Unitamente a ciò, considerato gli scontri sanguinosi in corso, non si può escludere una presenza di Escrivá a sostegno dei franchisti secondo intese con esponenti della Giunta, nell’ambito dei compiti svolti dai cappellani militari. Su quest’ultimo punto sono in corso ricerche.
La fine della guerra civile (1939)
La fine del conflitto fratricida permise a Escrivá di riorganizzare la propria Istituzione (a Madrid, un centro dell’Opus Dei era stato seriamente danneggiato da un bombardamento) con modalità adeguate alla nuova situazione. Mentre il fondatore tornava a riprendere contatti con parenti, amici e con membri dell’Opera, fu anche possibile consolidare i rapporti con il vescovo di Madrid-Alcalá: mons. Leopoldo Eijo Garay (Vigo, Pontevedra 1878 – Madrid 1963). Già in precedenza Escrivá aveva attivato contatti con la Curia Vescovile di Madrid. Il suo primo interlocutore fu il vicario don Juan Francisco Morán[6]. In seguito, nel periodo di Burgos, in piena guerra civile, Escrivá mantenne contatti epistolari con monsignor Leopoldo Eijo y Garay. Dopo il conflitto, si poté arrivare (2 settembre 1939) a un colloquio diretto tra questo vescovo e il fondatore dell’Opus Dei. Si sviluppò in tal modo una stretta intesa.
L’interazione con Francisco Franco
Monsignor Eijo Garay rivolse una significativa attenzione a Escrivá. Entrambi erano convinti della necessità per la Spagna di un governo forte, capace di controllare e respingere la minaccia comunista. Inoltre, erano consapevoli dell’urgenza di rafforzare la Chiesa spagnola, provata dalla guerra civile. Questo sostegno di Garay verso Escrivá è attestato da più fatti. Basti pensare al fatto che l’Ordinario di Madrid e Alcalá de Henares difese l’Opus Dei da critiche, la riconobbe Pia Unione (19 marzo 1941), ordinò (25 giugno 1944) i primi tre sacerdoti dell’Opera (tra questi Álvaro del Portillo, primo successore di Escrivá[7]). Scelse inoltre Escrivá per un corso di esercizi spirituali da predicare al Caudillo Franco. Tale iniziativa si svolse nel Palazzo del Pardo dall’8 al 12 aprile 1946. Oltre al Generalissimo, fu presente la moglie (Maria del Carmen Polo y Martinez Valdés) e personale del Palazzo. Da questo appuntamento in poi si sviluppò un’intesa che favorì l’Opus Dei. Alcune evidenze: 1] incontri al Pardo tra il Caudillo e Escrivà (intorno al 1941; 1946 cit.; 1953; 17 aprile 1961; 11 ottobre 1968; 4 luglio 1970[8]; 2] colloqui tra Franco e del Portillo (che agiva in nome di Escrivá); 3] interazioni tra Franco (e suoi collaboratori) e membri dell’Opus Dei (collegati a Escrivá); 4] scambi epistolari tra Escrivá e Franco; 5] conversazioni telefoniche tra Escrivá e Franco (fonte: lettera dell’ambasciatore spagnolo Antonio Garrigues inviata nel 1969 al Ministro degli Affari Esteri spagnolo, 5 febbraio 1969)[9]. Anche la figlia del Caudillo, Carmen Franco, ha attestato in un’intervista a due giornalisti che suo padre interagì più volte con Escrivá de Balaguer, e che sua madre teneva sul comodino della camera da letto Cammino[10]. In realtà, è stata trovata anche una copia di Santo Rosario che Escrivá donò nel 1945 al Generalissimo con propria affettuosa dedica.
Gli anni della seconda guerra mondiale (1939-1945)
Il 1° gennaio del 1939, nella Gazzetta Ufficiale di Stato pubblicata a Burgos (III anno trionfale, n. 1), viene pubblicato a p. 8 un ordine del Ministero della Difesa Nazionale con l’elenco di chi aveva superato con profitto il corso per Ufficiale Provvisorio dell’Arma de Ingenieros de Burgos. Tra questi è indicato Álvaro del Portillo, braccio destro di Escrivá. Nella motivazione l’esaminatore di del Portillo specifica: “Posso attestare che è stato uno dei seguaci più entusiasti e ferventi del Caudillo”.
Nel settembre del 1939 scoppia la seconda guerra mondiale. Da questo momento in poi Hitler cercò di stringere accordi anche con la Spagna per rafforzare la propria potenza militare e per utilizzare risorse e porti spagnoli. Pur sostenuta da contatti a più livelli e da un incontro ufficiale in Francia (Hendaye, 23 ottobre 1940), l’intesa con il Caudillo ufficialmente non si realizzò. Era infatti troppo vicina la conclusione della guerra civile spagnola (a cui seguì un duro processo di ‘normalizzazione’). Ufficiosamente, però, Franco mise a disposizione una divisione di armati che divenne la 250° Infanterie-Division della Wehrmacht.[11]
Il Caudillo, tra varie scelte, adottò pure una decisione. È ricordata da Felix Santos nel libro Españoles en la Alemania nazi (Endymion, 2012). Il testo tiene in considerazione il lavoro di ricerca di un giornalista: Jacobo Israel Garzón. Grazie a quest’ultimo è stato ritrovato nell’Archivio Storico Nazionale di Saragozza un documento che attesta la collaborazione di Franco con le operazioni naziste legate alla Shoah. Si tratta di questo: il 13 maggio 1941 i governatori civili spagnoli ricevettero una lettera della Direzione Generale per la Sicurezza. Era datata 5 maggio. Ordinava la schedatura degli ebrei, nazionali o stranieri, che risiedevano nelle province spagnole. Ogni voce doveva contenere i loro dati anagrafici, i nomi dei familiari, le attività da loro intraprese, le abitudini, le idee politiche e il “grado di pericolosità”. Pericolosità che, secondo i testi ritrovati “è propria della razza (sefardita) a cui appartengono”. In un anno vennero schedati circa seimila ebrei. La lista venne consegnata da José María Finat y Escrivá de Romaní [12] a Heinrich Himmler[13]. Gli sviluppi della seconda guerra mondiale e la mancata entrata in guerra della Spagna a fianco di Hitler impedirono l’utilizzo di tale elenco, sebbene questo fosse già stato presentato a Berlino nella riunione segreta del 20 gennaio 1942 nel palazzo di Wannsee, in cui venne deciso il piano esecutivo riguardante la “soluzione finale”.
Escrivá e l’accusa di massoneria
Lo scoppio della seconda guerra mondiale condizionò diversi progetti di Escrivá. Nel 1941 uscì comunque Cammino (cit.). Unitamente a ciò, il fondatore si dovette occupare anche di situazioni ostili all’Opus Dei. Critiche erano già sorte in anni precedenti. Adesso divenivano più dure (e pericolose). C’era pure un’accusa di massoneria. Parte degli storici è dell’avviso che taluni episodi potrebbero aver generato le criticità che dovette affrontare Escrivá. Uno di questi, ad esempio, è legato alla figura di Pedro Casciaro (1915-2015), vicino a Escrivá. Quest’ultimo, a Burgos, venne accusato da un falangista nativo di Albacete[14] di essere una spia repubblicana. Inoltre, secondo l’accusa, il padre di Pedro, massone, era ritenuto responsabile dell’uccisione di esponenti del Fronte Nazionale ad Albacete.[15] In tale contesto, intervenne mons. Eijo y Garay. Questo vescovo difese l’Opus Dei. Secondo alcune opinioni talune posizioni critiche verso l’Opus Dei sarebbero da ricondurre anche al clima di segretezza che segnò l’Istituzione fin dagli inizi. In merito, diversi studiosi ricordano che il fondatore, nei contatti con la Curia vescovile, sia quando si arrivò a erigere una Pia Unione (1941), sia quando si passò alla figura giuridica di Istituto Secolare (1947), volle limitare a poche persone la possibilità di conoscere i documenti fondativi della propria Opera (e fece in merito passi ufficiali presso il vescovo di Madrid e Alcalá de Henares). Tale modus operandi generò delle reazioni. Nel mondo ecclesiastico provocò non lievi contrasti e aperte critiche.
Davanti ai pericoli del mondo
La seconda guerra mondiale terminò nel 1945. Da questo momento in poi ebbe inizio un confronto a più livelli tra i governi dell’Occidente e la Russia che venne definito “guerra fredda”. Nuovi drammi si aggiunsero alle ferite ancora aperte. Mentre l’influsso comunista coinvolgeva diversi Paesi dell’Est, si arrivò in ambito cattolico alla dura realtà della “Chiesa del silenzio”. In tale contesto, per più storici, il fondatore dell’Opera ebbe fin dall’inizio la convinzione che era necessario difendersi nel modo più rigoroso possibile da molteplici ‘attacchi’: comunismo ateo, neo-positivismo, soggettivismo, correnti e prassi cattoliche eterodosse… In mons. Escrivá – secondo l’opinione di vari commentatori – sembra di individuare un’ansia a ‘far quadrato’ davanti ai pericoli del mondo, a fronteggiare (nuova crociata) i responsabili dei processi di scristianizzazione, a ‘influire’ in quei luoghi ove si assumono direttive che riversano effetti sui vissuti sociali, familiari, politici. Esiste quindi una visione di lungo periodo, la quale riprende – in taluni aspetti – delle intuizioni (e delle decisioni) già espresse da altre figure spagnole.[16]
Lo stato attuale delle ricerche
Tenendo anche conto dei dati in precedenza citati, chi studia l’interazione tra Escrivá e Franco può oggi consultare più documenti. Tra questi, rimangono significative delle dediche e alcune lettere. Nelle missive è documentato il sostegno verso il Caudillo (condivisione della Ley de Principios del Movimiento Nacional che stabiliva i principi guida dell’ordinamento giuridico franchista), il disegno generale dell’Opus Dei (pro memoria di del Portillo), la richiesta a Franco di un sostegno per ottenere un prestito da una banca. Si riportano alcuni testi rispettando l’ordine cronologico.[17]
Dedica di Escrivá al Caudillo apposta su“Santo Rosario” (giugno 1945)
Al Caudillo, Ecc.mo Francisco Franco, con sincero affetto. Madrid giugno 1945. Iosemescrivá.
Lettera di del Portillo al Ministro degli Affari Esteri spagnolo (5 luglio 1949)[18]
Eccellentissimo Signore:
La Società Sacerdotale della Santa Croce, di cui sono rappresentante, è in procinto di stabilire a Roma un grande centro di ricerca e di cultura internazionale, denominato Collegio Romano della Santa Croce, dove i cattolici di tutto il mondo potranno completare i loro studi universitari, svolgere un lavoro di ricerca e coordinare i propri sforzi verso la formazione di una Scienza cristiana capace di confrontarsi, con dignità, in ogni ambito del sapere con le tendenze eterodosse del pensiero che minacciano seriamente la Chiesa e i valori della civiltà occidentale.
Per realizzare questo piano è già iniziata a Roma la costruzione degli edifici che devono ospitare il Collegio Romano.
L’Istituto che rappresento, incoraggiato nella sua idea dall’Ambasciatore del Governo presso la Santa Sede, aveva l’intenzione di chiedere la protezione e l’aiuto dello Stato spagnolo per dare l’impulso iniziale a una simile impresa, tenendo conto che, se anche tutti i Paesi cattolici sono ugualmente interessati, alla Spagna corrisponde il primato di essersi eretta ancora una volta in difesa della Cristianità, essendo di origine spagnola la Società Sacerdotale della Santa Croce e di avere degli spagnoli a reggere l’istituzione; ricordando, inoltre, il precedente del sostegno disinteressato dato, non molto tempo fa, a un’entità analoga: l’Università Cattolica di San Tommaso di Manila.
Tale richiesta non aveva però previsto una circostanza nuova: la promulgazione dell’Anno Santo e la richiesta che l’Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, prevedendo lo straordinario afflusso a Roma di pellegrini spagnoli e ispano-americani, ha rivolto alla Società da me rappresentata per fornire loro alloggio negli edifici, attualmente in costruzione, destinati al Collegio Romano.
La Società Sacerdotale della Santa Croce, comprendendo la difficoltà del problema logistico a Roma, ha posto da subito i suoi locali a disposizione dell’Ambasciata, ma dal momento che le sue possibilità economiche non le consentono di realizzare le opere al ritmo necessario per terminarle prima del prossimo anno, ecco perché, sollecitata ora dallo stesso Ambasciatore, tiene a rivolgersi a V.E. affinché, parte a titolo di finanziamento, parte come anticipo da rimborsare con rate annuali stabilite, fornisca i mezzi economici necessari che ammontano in totale alla somma di otto milioni di pesetas, per la cui realizzazione si offriranno delle formali soluzioni che non saranno un ostacolo per l’Istituto Spagnolo di Valuta Estera, e senza che ciò costituisca un problema neanche davanti alla necessità di dividere la spesa in due annualità, a carico di diversi bilanci, a condizione che la concessione venga fatta in modo tale da fornire una base di garanzia sufficiente per organizzare un prestito con enti di credito.
In sintesi:
Lo Stato Spagnolo contribuirà a questa impresa con una sovvenzione e un anticipo rimborsabile, nei termini stabiliti, che ammontano in totale alla cifra di otto milioni di pesetas.
La Società Sacerdotale della Santa Croce fornirà i locali del citato Collegio Romano, debitamente strutturati, per l’alloggio dei pellegrini spagnoli e di quelli ispano-americani durante l’Anno Santo, alle condizioni concordate con l’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede.
La Società Sacerdotale della Santa Croce supplica V.E. di studiare con affetto e di accettare la proposta, nella certezza che essa contribuisce non solo a risolvere un problema immediato dell’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, ma anche a realizzare un’opera permanente al servizio dei più alti interessi del Cattolicesimo che, per lo stesso motivo, lo sono della Spagna.
Dio conservi V.E. per molti anni.
Madrid 5 luglio 1949.
Álvaro del Portillo Procuratore Generale della Società Sacerdotale della Santa Croce
Lettera di Escrivá a Franco (8 agosto 1949)[19]
“Opus Dei. Il Presidente. Roma, 8 agosto 1949
Ecc.mo Sig. Don Francisco Franco
San Sebastián.
Eccellenza, Voglio affidarLe una questione che per noi, per l’Opera, è di importanza capitale. Sicuramente già la conosce. Si tratta della richiesta che, a istanza del suo Ambasciatore presso la Santa Sede, abbiamo presentato al Ministero degli Affari Esteri sollecitando un aiuto per la costruzione del nostro Collegio Romano della Santa Croce, centro di cultura internazionale ove cattolici di tutto il mondo si incontreranno in un ambiente cristiano e spagnolo.
I lavori sono già in corso. Fu proprio l’Ambasciatore a suggerire l’idea di accelerarli in modo che i nuovi edifici potessero servire ad accogliere i pellegrini spagnoli e ispano-americani durante l’Anno Santo. Dall’esecuzione dei lavori o da un loro ritardo dipende mezzo secolo di sviluppo del nostro Istituto.
Non devo sottolineare, mio Generale, ciò che l’Opus Dei è per la Chiesa e per la Spagna. A Roma hanno gli occhi su di lei; ultimamente, la Santa Sede, come prova di distinzione e affetto, ci ha regalato una villa a Castelgandolfo e la chiesa e la terra di Santa Lucia del Gonfalone, monumento nazionale. Non dimenticare, mio Generale, che anche quando si tratta di un’istituzione cattolica, qui e ovunque, dietro l’Opus Dei puoi vedere la Spagna.
Sarebbe un peccato – Dio ce ne chiederebbe conto – che per mancanza di risorse umane i lavori dovessero essere fermati. Non intendo proporLe soluzioni. Confido nella Sua generosità, nella Sua provata condizione di figlio della Chiesa e nella sua abnegazione al servizio di tutto ciò che esalta la Spagna, e sono sicuro che farà quanto possibile affinché tutto questo prosegua.
Álvaro del Portillo Le porterà questa lettera e spiegherà la questione in dettaglio. Le occupazioni dell’Opera mi trattengono a Roma da me. È molto bello vedere come il Signore stia diffondendo la sua Opera in tutto il mondo, con il medesimo spirito. Quest’anno, in Italia, abbiamo avuto un centinaio di vocazioni; tutti imparano lo spagnolo e amano la Spagna. È una benedizione di Dio.
La tengo molto presente nelle mie preghiere. E pongo nelle Sue mani e nel Suo cuore uno dei momenti decisivi nella storia del nostro Istituto.
Con profonda gratitudine per il Suo aiuto, rimango vostro aff.mo. Josemescrivá
Lettera di del Portillo a Franco (14 luglio 1952)[20]
Società Sacerdotale della Santa Croce e Opus Dei
Il Procuratore Generale. Madrid, 14 luglio 1952
Eccellenza: Sono venuto da Roma con l’unico scopo di sollecitare un’udienza da V.E.. Ma siccome, data la fine dell’estate, temo di non poter avere l’alto onore e la gioia di visitarLa per parlare del nostro lavoro e dei nostri progetti, e di esporLe molte altre cose che a Vostra Eccellenza, come buon figlio della Chiesa e Signore naturale degli spagnoli, sarebbero di interesse, mi permetto indirizzarLe la presente lettera e una nota “pro memoria” di una delle questioni che si pensava di trattare nell’udienza.
Conosciamo il desiderio sincero di V.E., più volte espresso al nostro Fondatore e Presidente Generale, Monsignor Escrivá de Balaguer, e a me medesimo, di aiutarci nel lavoro se fosse stata trovata una formula adeguata.
Nella nota allegata Le presento una formula semplice la quale, inoltre, non costituisce alcun aggravio per la Pubblica Amministrazione. Dalla risposta di V.E. dipende quanto possiamo metterla in pratica.
Di V.E. affezionatissimo nel Signore Álvaro del Portillo
Pro memoria (allegato alla lettera di del Portillo,14 luglio 1952)[21]
Il lavoro che il nostro Istituto ha svolto in Spagna negli ultimi anni è ben noto. L’azione esterna dei suoi membri si è diretta, prima di tutto, al campo intellettuale, poiché la cosa più urgente era quella di collaborare al compito di mettere in ordine le idee.
In questo campo cerchiamo di lavorare a misura delle nostre forze, con fede ed entusiasmo, e quasi sempre attraverso un intervento di carattere personale, discreto e silenzioso, che consideriamo il più efficace. Tuttavia, per seguire meglio la formazione degli studenti, è stato necessario stabilire alcune opere aziendali e oggi abbiamo in Spagna dieci Scuole Superiori organizzate con il nostro proprio sforzo e con aiuti privati.
All’interno di questa stessa linea stiamo organizzando alcune Scuole di Insegnamento Secondario, la prima delle quali è quella di “Gaztelueta”, a Neguri, che ha meritato non solo il riconoscimento ufficiale ma anche i più calorosi complimenti del Direttore Generale dell’Insegnamento Secondario, per la svolta che rappresenta in termini di concezioni pedagogiche; qualche Istituto di formazione professionale per studenti universitari e laureati; e, infine, è nostro desiderio mettere in funzione al più presto possibile nel Castello di Peniscola, che lo Stato ci concede in usufrutto, un centro di alta cultura dove possono convivere, in un ambiente spagnolo e cristiano, intellettuali di tutto il mondo, inclusi i non cattolici.
Ultimamente, il nostro apostolato si è esteso ad altri due importanti settori della società: i contadini e gli operai. Anche qui, come tra gli intellettuali, il lavoro è preferibilmente personale, e, per ragioni facilmente comprensibili, è svolto con la massima discrezione. Ma questo compito personale non può essere svolto senza alcune opere aziendali che servano da base e da complemento: centri di formazione, case di esercizi, scuole agricole, scuole di apprendimento, ecc., ecc., che in altri Paesi (Messico, Italia) abbiamo iniziato con grande esito.
Per realizzare tutti questi lavori aziendali, sono necessarie strutture adeguate che costituiscono un forte investimento iniziale, che raramente diventa produttivo e solo a lungo termine può essere ammortizzato.
Però anche quando, umanamente parlando, ciò costituisce un compito arduo, che esige non pochi sacrifici di ordine economico, è così tanto quello che può essere fatto al servizio di Dio e della Patria, e così urgente per non far distruggere dall’influenza di sette tenebrose e di dottrine sovversive lo sforzo che il Nuovo Stato, sotto la direzione suprema di Vostra Eccellenza, ha compiuto per il completo ripristino di un ordine sociale più cristiano e più giusto, che dobbiamo impegnarci in un’impresa così difficile a qualunque costo.
Non chiediamo alcun aiuto speciale da parte dello Stato, che ha anche le sue opere di questo tipo di cui occuparsi. Non vogliamo gravare sul pubblico erario. Il nostro lavoro, anche quando cooperiamo efficacemente con l’ufficiale, è privato e pensiamo di farlo con i nostri mezzi. Abbiamo però bisogno di essere inizialmente forniti di risorse economiche in un modo normale per qualunque istituzione: il credito bancario a lungo termine.
Per questo motivo, pensiamo di sollecitare presso il Banco di Spagna un credito aziendale di cinquantacinque milioni di pesetas: e preghiamo vivamente V.E. di sostenere la nostra richiesta davanti al Governatore della Banca, in modo tale che, dato l’alto fine perseguito e la solvibilità offerta dall’Istituto (sarebbe un gran male il far girare in Spagna la voce che non possiamo pagare), si possa studiare con affetto la sollecitudine e si risolva in modo favorevole.
Madrid, 14 luglio 1952
Lettera di Escrivá a Franco (23 maggio 1958)[22]
“All’Ecc.mo Sig. Don Francisco Franco Bahamonde, Capo dello Stato Spagnolo.
Eccellenza, desidero unire le mie sincere congratulazioni personali alle molte che ha già ricevuto in occasione della promulgazione dei Principi Fondamentali.
La mia assenza forzata dalla nostra patria al servizio di Dio e delle anime, lungi dall’indebolire il mio amore per la Spagna, lo ha, se possibile, rafforzato. Dalla prospettiva della città eterna di Roma ho avuto modo di vedere meglio che mai la bellezza di quella figlia particolarmente amata dalla Chiesa che è la mia madrepatria, che il Signore ha così spesso usato come strumento per la difesa e la propagazione della santa Fede cattolica nel mondo.
Sebbene alieno da ogni attività politica, non posso fare a meno di gioire come prete e spagnolo del fatto che l’autorevole voce del Capo di Stato proclami che ‘La nazione spagnola consideri come un tratto d’onore l’accettare la legge di Dio secondo la sola e vera dottrina della Santa Chiesa Cattolica, Fede inseparabile dalla coscienza nazionale e che ispirerà la sua legislazione’.
È la fedeltà del nostro popolo alla Tradizione cattolica che garantirà per sempre il successo degli atti di governo, la certezza di una giusta e durevole pace all’interno della comunità nazionale, così come la benedizione divina su coloro che mantengono posizioni di governo.
Io chiedo a Dio di concedere a Sua Eccellenza ogni felicità e di far scendere grazia in abbondanza su di Lei per portare avanti la difficile missione che Egli Le ha affidato.
La prego di accettare, Eccellenza, l’espressione della mia più profonda stima personale e di essere certo delle mie preghiere per tutta la Sua famiglia.
Vostro dev.mo in Dio Josemaría Escrivá de Balaguer
Roma, 23 maggio 1958”.[23]
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