STORIA E MISTERI DI PALAZZO SANSEVERO A NAPOLI

di Alberto Ferrero -

Un edificio cinquecentesco nel cuore della città partenopea, tra fantasmi, leggende e storie paranormali

 

Delitto d’onore

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L’uccisione di Maria D’Avalos in un’illustrazione di Leon Lebegue (1902)

La notte del 18 ottobre del 1590 Palazzo Sansevero fu oggetto di uno dei più efferati delitti d’onore che la tradizione napoletana ricordi. La morte di Maria D’Avalos e del suo amante, il duca d’Andria Fabrizio Carafa, per mano del marito di lei, il madrigalista Carlo Gesualdo, principe di Venosa e grande amico del poeta Torquato Tasso, di cui musicò infatti diversi testi.
L’onta del sangue per lavare il disonore: Carlo Gesualdo non esitò nemmeno a far esporre i due cadaveri, nudi e sanguinanti, all’ingresso del palazzo. A tale efferatezza si aggiunse anche l’oltraggio di un monaco domenicano, un gobbo, una sorta di sagrestano, il quale, infilatosi verso tarda notte nel palazzo, diradatasi ormai la folla di curiosi e ritiratisi i servi, violò il corpo esanime della D’Avalos.
Temendo la vendetta dei Carafa, il principe di Venosa fuggì da Napoli, trovando rifugio nel castello di Gesualdo, di origine longobarda e suo feudo. Qui visse per diciassette anni, privo di serenità e con un profondo senso di colpa che invase permanentemente la sua coscienza. Si suppone che in quel castello abbia fatto addirittura uccidere il figlioletto concepito da Maria, credendo, nella sua paranoia, che somigliasse di più al duca d’Andria.
Acquistato dalla famiglia Sangro di Sansevero, fu volontà soprattutto del famoso principe Raimondo de Sangro operare una restaurazione del palazzo che cancellasse il tragico episodio che lo aveva brutalmente segnato. Nel 1889 un’ala dell’infausto edificio crollò e l’incidente fu subito messo in relazione con il delitto in questione, in seguito al quale infatti il palazzo e chi vi abitava erano stati maledetti fino alla settima generazione.
Condannato al dolore eterno, il fantasma della bellissima Maria si dice vaghi da allora ogni notte per le buie strade di piazza San Domenico Maggiore e dintorni. In vesti succinte, i capelli mossi dalla brezza, si aggira afflitta alla ricerca del suo amante, emettendo un lungo grido agghiacciante che tuttora lascia i brividi a chi ha la sventura di ascoltarlo. In altri casi emette invece un sibilo somigliante a un soffocato lamento.

Un nuovo proprietario

Nel XVIII secolo il palazzo passò a Raimondo de Sangro, che ne fece il teatro dei suoi studi e dei suoi esperimenti. Oltre ad arricchire la cappella di famiglia con opere di inestimabile valore e bellezza, fece costruire un collegamento tra la cappella stessa e il palazzo, mentre fece decorare gli interni dell’edificio con affreschi di Belisario Corenzio, che rappresentano la magnificenza della famiglia, e di Francesco Celebrano, raffiguranti le Quattro Stagioni. Inoltre, nell’atrio del palazzo, vennero aggiunti dei bassorilievi con scene di Baccanali, battaglie e Mascheroni, attribuite a Giuseppe Sanmartino e allo stesso Celebrano, mentre altri sono sicuramente opera di Gerardo Solifrano. I lavori di abbellimento andarono avanti anche dopo la morte del Principe, avvenuta nel 1771, visto che il figlio Vincenzo si preoccupò di proseguire l’opera avviata dal padre, soprattutto per quanto riguarda la cappella. Purtroppo, il 28 settembre del 1889, il collegamento tra palazzo e cappella crollò, probabilmente a causa di infiltrazioni d’acqua, determinando anche la perdita degli affreschi del Corenzio.

Cappella Sansevero e il mito del Principe

Raimondo_di_Sangro

Raimondo de Sangro

Ma chi era Raimondo de Sangro? Uno dei più grandi e illustri personaggi della Napoli del ’700, chimico, filosofo e alchimista, principe di Sansevero e duca di Torremaggiore, la cui scoperte suscitarono vasta eco presso i più insigni luminari dell’epoca e la cui fama risuona ancora oggi. Scienziato dalle mille risorse e dalle innumerevoli conoscenze, inventore di macchine idrauliche e pirotecniche e di tanti altri marchingegni incredibili e attraverso i quali aveva saputo anticipare il progresso, era un uomo di immensa cultura e dall’ingegno impareggiabile. I rumorosi laboratori sotterranei di Palazzo Sansevero non tacevano neanche di notte e gettavano luminosi bagliori, le sensazionali invenzioni che ne sortivano, meravigliando chi le osservava, dovevano accendere la fervida fantasia popolare dei napoletani e in particolare di coloro che abitavano negli angusti vicoli del centro antico.
Fu il Principe a voler restaurare Palazzo Sansevero, acquistato dalla sua famiglia nonostante l’indelebile macchia del grave delitto di Maria D’Avalos e dell’amante Fabrizio Carafa per mano di Carlo Gesualdo. Un po’ più avanti, in via Francesco De Sanctis, è situata Cappella Sansevero, costruita nel 1590 nel giardino del palazzo per ospitare le tombe di famiglia, abbellita coi capolavori realizzati dai migliori artisti dell’epoca. Statue, bassorilievi, affreschi, sculture raffiguranti i personaggi della famiglia ognuna contraddistinta da un elogio, ogni singolo elemento è un simbolo riconducibile al linguaggio tipico della loggia massonica, del quale il principe faceva parte. Di vasto splendore il Cristo velato, opera dello scultore Giuseppe Sammartino, marmorizzato grazie a un procedimento d’invenzione del principe.
Sia il palazzo che la cappella erano tra loro collegati da un ponte, andato distrutto nel 1889, sul quale il principe pose un orologio animato, a forma di drago, che indicava ore, minuti, giorni della settimana, nomi dei mesi e fasi lunari.
Terrificante, inoltre, la presenza dei “mostri” nei vecchi armadi della cappella, due cadaveri, un uomo e una donna, quest’ultima incinta, probabilmente due schiavi di colore, frutto dell’abilità scientifica del principe, che eliminò l’involucro dei corpi e metallizzò fino all’ultimo capillare l’intero sistema delle vene e delle arterie. Si dice che il procedimento sia stato attuato sui corpi ancora vivi, tuttavia fonti più attendibili smentiscono la macabra ipotesi.
Numerose a quanto pare, secondo i racconti dei vecchi della zona, le apparizioni riguardanti proprio la cappella, oltre che l’interno del palazzo. Si racconta in particolare che, nelle notti di Natale e Pasqua, la cappella si animi per incanto illuminata da una strana luce, che nei vicoli circostanti si diffonda inconfondibile un forte odore di incenso, mentre note di organo provenienti dall’interno della cappella sembrano udirsi chiaramente.C’è chi afferma di aver sentito passi di stivali, muniti di speroni, muoversi da una scalinata ripida e stretta dietro alla sagrestia della cappella, passi lenti e cadenzati che si avvicinerebbero a poco a poco per poi allontanarsi e disperdersi. Molte anche le persone che affermano di aver sentito il tintinnio della carrozza del principe nelle notti di luna piena. Lo scalpitio dei suoi cavalli si arresterebbe soltanto dinnanzi all’enorme portone del palazzo, sua ultima dimora.
Un altro fantasioso racconto riguarda le circostanze della morte del principe di Sansevero, che per i napoletani è il “Principe” per antonomasia. Lo storico Benedetto Croce riporta tale episodio: «Quando sentì non lontana la morte, provvide a risorgere, e da uno schiavo moro si lasciò tagliare a pezzi e ben adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano a tempo prefisso; sennonché la famiglia cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo, mentre i pezzi del corpo erano ancora in processo di saldatura, e il principe, come risvegliato nel sonno, fece per sollevarsi, ma ricadde subito, gettando un urlo di dannato».
Queste e tante altre leggende sono ancora vive e continuano a nascerne di nuove. Basta aggirarsi tra i visitatori della Cappella Sansevero per sentire raccontare le più bizzarre storie su Raimondo di Sangro e le opere da lui commissionate. Qualcuno narra perfino di “incontri ravvicinati” con il suo spirito. È anche attraverso questi stravaganti racconti, che a Napoli sopravvive, ben saldo, il ricordo del Principe di Sansevero.

Riabilitazione del Principe

Non è raro imbattersi in un passante che, davanti a Palazzo Sansevero, si fa il segno della croce come per scacciare i malefizi del temuto e “diabolico” principe. Le ombre del sadismo e della perversione hanno sempre contaminato la figura dell’eminente scienziato, ma bisogna anche aggiungere che la stravagante fantasia del popolo napoletano e l’eccessivo giudizio critico verso invenzioni e comportamenti ritenuti non affini all’epoca, hanno enormemente contributo nel creare, più che il mito di uno scienziato all’avanguardia, quello di una sorta di negromante in cerca degli artifizi più strani e oscuri. In realtà Sansevero non ha mai creato alcuna mostruosità delle tante che ingiustamente gli si additano, né ha mai voluto essere un personaggio malvagio, un matto al di sopra delle righe, una sorta di mago del male o il capo di qualche setta segreta dedita all’adorazione di chissà quale entità. Nulla di tutto questo.
Sansevero è solo stato uno studioso dal grande intelletto, dalla caparbia sete di conoscenza e dall’immensa curiosità, più che un massone. Probabilmente fu una sorta di illuminista che volle, anch’egli, sgretolare il clericalismo e il vecchiume dei secoli passati coi lumi della ragione, attraverso i progressi compiuti dalla sua scienza e gli studi culminati in lavori scritti, realizzati ma soprattutto commissionati seguendo le sue fedeli direttive. Se infatti Cappella Sansevero è ancora oggi meta di turisti provenienti da tutt’Italia e dal mondo, è proprio grazie all’ingegno del Principe, intramontabile leggenda in terra partenopea.

Il Munaciello a Palazzo Sansevero

Ingresso palazzo

L’ingresso di Palazzo Sansevero

‘O Munaciello è il personaggio esoterico più noto, più temuto, ma anche più amato dal popolo napoletano, uno spiritello simpatico, bizzarro e piuttosto imprevedibile. Ma qual è la sua storia? Chi era davvero lu munaciello? Com’è nata la sua leggenda? Un’ipotesi attribuisce al munaciello il ruolo di gestore degli antichi pozzi d’acqua. Riusciva ad avere facile accesso nelle case passando attraverso i cunicoli che servivano a calare il secchio. I dispetti probabilmente li faceva dato che i proprietari del pozzo non provvedevano a pagarlo per i suoi servizi.
Molti coloro che hanno trasportato la figura del simpatico e bizzoso spiritello nell’ambito teatrale. Lo ha fatto persino il grande Eduardo De Filippo in una delle sue commedie più famose, Questi fantasmi!, da lui scritta e interpretata intorno agli anni ’40. La versione televisiva di tale lavoro, per chi non lo sapesse, è ambientata proprio a Palazzo Sansevero. La storia tratta di un tale Pasquale Lojacono, interpretato da Eduardo, che decide un giorno di prendere in affitto un appartamento a Napoli. Una casa di ben 18 stanze, sulla quale girano voci di presunti fantasmi. Fantasmi che sembrano prenderlo in simpatia.
Non passa giorno infatti senza che Pasquale non trovi qualcosa di nuovo in casa, un mobile, un oggetto, persino soldi, nei cassetti e in particolare nella giacca del pigiama. Ma sua moglie, Maria, non pare affatto contenta di tutto questo. La vera fonte dei loro guadagni è infatti Alfredo, l’amante di Maria, il quale non sopportando la situazione in cui la lascia vivere Pasquale, provvede sia a lei che, di conseguenza, anche a lui. Una sorta di “munaciello” sotto altre sembianze. Abile e geniale Eduardo nel far rimanere impresso nel pubblico il dubbio se Pasquale ignori o finga di ignorare, approfittandone, la realtà dei fatti.

Palazzo Sansevero oggi

Palazzo Sansevero ospita attualmente iniziative artistiche e culturali nel segno della indomabile razionalità e del vivo entusiasmo emanati dal Principe. Il 30 gennaio del 2010, in occasione del tricentenario della nascita di Raimondo Di Sangro, il Comune di Napoli ha posto sulla facciata un’epigrafe in ricordo dello scienziato: «In questo palazzo visse, operò, morì Raimondo De Sangro VII Principe di San Severo (1710-1771), letterato, mecenate, inventore nella Napoli dei primi lumi, ingegno straordinario, celebre indagatore dei più reconditi misteri della natura».

Per saperne di più

Alberto Ferrero, Manuale dei fantasmi napoletani. Boopen Led/Photocity, 2011.
Alberto Ferrero, L’uomo che vedeva i morti. Spazio Gamma Editrice, 2012.
Lorenzo Bartolini Salimbeni, Il Palazzo D’Avalos in Vasto e i suoi musei. Carsa, 2002.
Flavia Luise, I D’Avalos, Liguori, 2006.
Giuliano Capecelatro, Un sole nel labirinto, storia e leggenda di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, Il Saggiatore, 2000.
Antonio Emanuele Piedimonte, Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, La vita, le opere, i libri, la Cappella, le leggende, i misteri. Intra Moenia, 2012.
Mario Buonoconto, Viaggio fantastico. Alos, 2001.
Clara Miccinelli, Il Principe di Sansevero. Verità e Riabilitazione. Società Editrice Napoletana, 1984.
Aurelio De Rose, I Palazzi di Napoli. Storia, curiosità e aneddoti che si tramandano da secoli su questi straordinari testimoni della vita partenopea. Newton & Compton, 2004.